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di FABRIZIO DELL'OREFICE SI RISCHIA il conflitto istituzionale.

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Anche lui infatti scrive al presidente del Tribunale di Roma, Luigi Scotti: «Le sarò grato se vorrà fornirmi ogni utile informazione sugli eventuali profili di interesse della Camera dei deputati ai sensi degli articoli 4, 5 e 6 della legge n. 140 del 2003, con riferimento a possibili intercettazioni telefoniche di membri di questa assemblea. Inoltre le segnalo, per le eventuali iniziative che vorrà assumere, l'avvenuta divulgazione su alcuni quotidiani di numeri di utenze telefoniche private intestate a deputati, presumibilmente dedotti da atti giudiziari». Il punto è proprio questo: le intercettazioni telefoniche. Secondo la nuova legge infatti l'utilizzo delle registrazioni su utenze di parlamentari devono avere l'autorizzazione di Camera e Senato. E nell'inchiesta Cleopatra che ha portato all'arresto tra gli altri di Serena Grandi, risultano anche trascrizioni di chiamate di Emilio Colombo, senatore a vita. La Procura intanto fa sapere di aver dato un'interpretazione ad una parte del Lodo Schifani (e, precisamente, al comma 2 dell'articolo 6). Si tratta della legge che esclude la possibilità di processare le cinque più alte cariche dello Stato e che regola anche le modalità da seguire quando nei confronti di un parlamentare occorra eseguire perquisizioni, ispezioni o intercettazione. La Procura insomma ritiene di poter utilizzare le intercettazioni perché Colombo non è indagato. Polemico sul caso il vicepresidente della Camera, Alfredo Biondi (Forza Italia): «Cosa conta in Italia la reputazione di un cittadino? Se poi è di un politico, allora si va sotto zero...». Per Biondi «chi indaga e chi giudica dovrebbero proprio guardare in faccia tutti, ricchi e poveri, potenti e deboli, perché la reputazione di ogni cittadino, che è la proiezione all'esterno dell'attendibilità di tutta una vita, non può essere distrutta su una colonna di giornale, oltre che da un sospetto di camera di sicurezza o peggio di indagine preliminare. A tutto ciò - conclude Biondi - si accompagna a questa nuova fase giustizial-proibizionista, un nuovo capitolo di una storia, di cui è difficile prevedere l'epilogo». Non ha dubbi neanche Giuseppe Consolo, senatore di An: il quesito posto da Pera a Scotti è chiarissimo, così come è chiarissimo quanto dice l'art. 4 della cosiddetta legge Boato che attua quanto prevede l'art. 68 della Costituzione in materia di intercettazioni telefoniche». «Sono sicuro - prosegue - che il presidente Scotti chiarirà continua il senatore di An con la consueta tempestività i punti oscuri della vicenda, specie considerando come nessuna richiesta di intercettare i telefoni di un senatore sia pervenuta alla Giunta delle immunità di cui faccio parte. La legge sul punto è assai chiara». Si prevedono tempi duri invece per Giuseppe Galati, sottosegretario alle Attività produttive, anche se non è indagato. Stando alle fonti parlamentari, nel suo partito, l'Udc, c'è un «evidente imbarazzo per la vicenda», si segue con «grande attenzione la vicenda», ma non saranno per il momento prese iniziative. «Il pallino è in mano a lui», cioè a Galati, spiegano in via dei Due Macelli. Tra i centristi, tuttavia, crescono coloro che vorrebbero chiedere le sue dimissioni almeno dall'esecutivo. Se ne riparlerà la prossima settimana.

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