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«Ora con i terroristi non si può trattare»

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A parlare è Vincenzo Scotti, presidente della Link Campus University ed ex ministro dell'Interno, intervenuto ieri mattina nel seminario internazionale ospitato dall'Università La Sapienza di Roma e intitolato "Parlare con il nemico: le opportunità e i rischi del dialogo e della negoziazione con gruppi terroristici". I relatori hanno sottolineato che, accanto all'impegno militare, i Paesi potrebbero sperimentare anche altre aree di azione, vie diplomatiche e politiche nella lotta ai terrorismi locali. Ovviamente le forme di dialogo non sono praticabili contro il terrorismo globale né contro quello italiano. Nel primo caso, infatti, il terrorista è invisibile, nel secondo è eversivo. Il dialogo, ad esempio, può essere perseguito nella delicata questione israelo-palestinese, dove è necessario raggiungere un accordo tra le parti. Preziosa è l'esperienza dell'Irlanda del Nord, dove una formazione terroristica ha vissuto una transizione verso un movimento politico. «Le strategie militari di contrasto sono importanti - dichiara Scotti - ma bisogna sperimentare anche altre vie diplomatiche e politiche. Siamo di fronte a uno scontro tra cinismi che si fronteggiano senza rendersi conto che alla fine saranno tutti travolti. Va combattuta una guerra adeguando le tattiche e le strategie al tipo di nemico che si affronta. È necessario capire dove il dialogo è possibile e dove i rischi sono talmente alti che è meglio evitarlo». Hanno preso la parola anche docenti provenienti da università Usa e Israele. «Bisogna capire chi è il nemico - prosegue Maurizio Calvi, presidente del Centro Alti Studi per la lotta al terrorismo e alla violenza politica - A volte il superamento del terrore è avvenuto grazie al dialogo, come dimostra il caso irlandese. Nel terrorismo globale, però, non sono possibili forme di dialogo».

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