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MESSAGGIO AI SOLDATI DAL CAPITANO PAGLIA COSTRETTO SU UNA SEDIA A ROTELLE

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Andare avanti a tutti i costi, quando accanto a te ci sono delle bare di legno scuro con dentro i tuoi amici, per trasformare un sogno che si chiama pace in realtà. Perché lui aveva lo stesso identico sogno, nel '93 in Somalia. Lui è Gianfranco Paglia (in una foto d'archivio con Ciampi), 33enne capitano della Brigata Bersaglieri Garibaldi di Caserta, il basco amaranto dei parà portato ancora con orgoglio. Un eroe, come i militari morti in Iraq. Il 2 luglio del '93 aveva 23 anni, stava a Mogadiscio con il 186/esimo reggimento paracadutisti Siena, al check point «Pasta» dove gli italiani furono vittime di un'imboscata: il bilancio fu di tre morti e 22 feriti. Il più grave fu proprio Gianfranco: colpito al midollo spinale è destinato alla carrozzella. Vedendo le immagini di Nassirya ha provato le stesse sensazioni di dieci anni fa: «Ai miei compagni che sono laggiù - dice - dico di continuare a cercare di portare la pace, di fare il loro dovere, di non mollare. Ma so già - aggiunge - che lo stanno facendo. È inutile ribadirlo». Tornato dalla Somalia, Paglia s'è sposato, ha avuto una figlia. L'ha chiamata Vittoria. È rimasto nell'Esercito. «Non ho mai pensato, neanche per un minuto, di andarmene e abbandonare tutto - spiega - è la mia vita e continua ad essere un onore indossare la divisa». Quando ha saputo dell'attentato è andato immediatamente dal suo comandante e gli ha detto: «Sono pronto». «Bisogna - prosegue - continuare a credere nei valori come l'onore, la lealtà, la patria. Continuare ad avere fiducia in quello che si fa perchè è l'unica strada da seguire». Ai familiari delle vittime va il messaggio del capitano Paglia: «Non possono far altro che avere fede ed essere orgogliosi dei loro figli, mariti e fratelli. Sembra assurdo e difficile in questo momento ma è la cosa più importante da fare perché loro sono morti credendo in quello che facevano».

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