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«Mio figlio diceva che non c'era pericolo»

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Tre morti e due feriti i laziali. Un romano sopravvissuto: «Ho visto l'esplosione»

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Quindici piani di dolore per uno di loro, per il maresciallo Alfonso Trincone, 44 anni, originario di Pozzuoli ma da anni in servizio a Roma e ieri morto nell'attentato di Nassirya. «Un uomo attaccato al suo lavoro e con la passione per il ballo, ma che soprattutto viveva per la sua famiglia», lo descrivono gli amici e i colleghi radunati in via Amerigo Guasti. Sopra c'è la moglie, Anna Zollo, vicesovrintendente di polizia penitenziaria in servizio nel nuovo complesso del carcere di Rebibbia, al Nuovo Salario si erano trasferiti circa dieci anni fa. La moglie del maresciallo è sotto choc, ha ricevuto la notizia nel pomeriggio dal colonnello Raffaele Vacca, comandante del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri e diretto superiore di Trincone, esperto di inquinamento da sostanze radioattive e partito per l'Iraq per compiere rilevazioni di questo tipo di emissioni, già svolte in Bosnia e Kosovo. «E' sconvolta - ha spiegato il comandante della compagnia di Montesacro, Antonino Neosi - e non riesce a parlare con nessuno». Accanto ha la figlia diciassettenne, liceale, alcuni amici e colleghi della Polizia penitenziaria. Sono arrivati con i parenti, invece, gli altri due figli: una dodicenne e un bambino di cinque. Trincone, secondo il racconto dei colleghi, era esperto in armi e inquinamento biologici ed era andato in Iraq per fare rilevazioni di emissioni radioattive. Prima del Noe, era stato in servizio al Nucleo radiomobile di Roma, e al comando generale dell'Arma, mentre un suo cugino lavora alla stazione S. Paolo. «Era un uomo cordiale coi colleghi e professionalmente preparato - racconta il vicecomandante Noe, Russo - non mandano certo chiunque a compiere queste missioni. Lo avevo sentito due o tre giorni fa al telefono, e gli avevo detto di prepararsi al ritorno». Trincone era in Iraq da tre mesi e sarebbe dovuto rientrare venerdì, per normale avvicendamento. Dolore anche al Racis (Raggruppamento investigazioni scientifiche) di Roma, dov'era in forza il maresciallo Massimiliano Bruno, 40 anni, da quattro mesi in Iraq, biologo di origine bolognese e residente con la moglie Pina Longo e due figli maschi di 4 e 8 anni a Civitavecchia, mentre un fratello e genitori vivono nel capoluogo emiliano. «Mio figlio diceva che era tutto tranquillo, che non c'era pericolo» ha raccontato il padre Nunzio all'emittente locale Rete 7. «Era andato per scelta personale, faceva il suo dovere con il piacere di farlo, lo scopo era quello di aiutare la gente non di fare la guerra, invece il regalo è stato quello di ucciderlo», ha detto il fratello, Lorenzo. Daniele Ghione, 31 anni, maresciallo in forza al XIII battaglione Gorizia era residente nal quartiere romano di Centocelle con la giovanissima moglie Miriam Agresta, 25 anni, istruttrice di danza in una palestra. Tra i feriti, non gravi, c'è anche un carabiniere donna di Roma, il maresciallo Marilena Iacobini, vicecomandante nella stazione dei carabinieri di Pitigliano, in provincia di Grosseto, dal luglio scorso, da venti giorni era in Iraq. Ventinove anni, capelli ed occhi scuri, quando è arrivata a Pitigliano era appena uscita dalla scuola per sottufficiali. Ancora tra i feriti non gravi c'è un vicebrigadiere di Ciampino (Roma), Cosimo Emilio Visconti, 41 anni, effettivo al Nucleo Scorte di Roma ma originario della provincia di Benevento. E romano è un testimone dell'attentato, il carabiniere semplice Federico P., 27 anni, che ha telefonato ai genitori ieri mattina per rassicurarli: «Abbiamo sentito una forte esplosione, ma non preoccupatevi per me, sto bene, tutto a posto», ha detto al papà e alla mamma.

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