Il massacro dei nostri scuote il Giappone
a nord ovest di Nassiriya. Data l'ora tarda in Giappone al momento della tragedia non ci sono state reazioni immediate da parte del governo del primo ministro Junichiro Koizumi, che al pari del governo italiano si è schierato da subito a fianco degli Stati Uniti nella crisi irachena. Ma le reti Tv e le due agenzie di stampa "Kyodo" e "Jiji" hanno dato largo spazio alle notizia del sanguinoso attentato. Proprio ieri mattina, a due giorni dalla visita a Tokyo del segretario alla difesa americano Donald Rumsfeld, sia Koizumi sia il suo portavoce ufficiale Yasuo Fukuda avevano confermato la «forte determinazione» ad inviare prima della fine dell'anno un'avanguardia di 150 uomini del contingente giapponese, che dovrebbe comprendere in totale circa 1.000 soldati e operare nel sud dell'Iraq, con una delle basi principali appunto a Samawa. «In Iraq ci sono zone pericolose a rischio di scontri armati e altre invece di cui siamo certi siano non a rischio e quindi in grado di accogliere il nostro contingente», ha ribadito Fukuda. Mentre Koizumi ha sostenuto che l'invio dei soldati «in operazioni umanitarie di pace e di aiuto alla popolazione civile risponde pienamente allo spirito della costituzione». La formula «zone non a rischio di scontri armati» è indispensabile dal momento che la costituzione pacifista in vigore dal 1948 interdice al Giappone l'invio dei militari all'estero in paesi in guerra. La maggioranza dell'opinione pubblica giapponese è contraria all'invio di truppe in Iraq e lo è tutta l'opposizione, guidata dal Partito democratico che nelle elezioni generali di domenica scorsa ha messo a segno una forte avanzata balzando da 137 a 177 seggi alla Camera dei deputati di 480. «In Iraq è impossibile distinguere le zone sicure da quelle a rischio. Il governo inganna il Paese e viola la costituzione. I nostri soldati non devono partire» ha detto ieri, prima dell'attentato contro i carabinieri, il presidente dei democratici Naoto Kan.