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Blair invoca fermezza «Non ce ne andremo»

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E questo, secondo il premier britannico Tony Blair, nonostante la drammatica escalation di attentati delle ultime settimane, culminata ieri nell'attacco contro la caserma dei carabinieri. Dopo aver aperto la seduta di "question time" alla Camera dei Comuni con le condoglianze al governo italiano per l'attentato di Nassiriya, Blair (che ieri sera ha poi avuto un lungo colloquio telefonico con Berlusconi) ha insistito sul fatto che la coalizione deve venire a capo della situazione. Ritirarsi adesso, per lui, sarebbe il peggiore degli errori. A pochi giorni dalla visita del presidente statunitense George W. Bush, Blair si mantiene dunque in linea con Washington, continuando ad ignorare il dissenso di gran parte dell'opinione pubblica contraria all'intervento anglo-americano in Iraq. Per Blair, comunque, adesso non ci sono alternative. Rispondendo ad una domanda del leader liberaldemocratico Charles Kennedy, il premier ha affermato che la Gran Bretagna rimarrà in Iraq. E si è anche innervosito con Kennedy, che gli ha domandato se avrebbe discusso della «deteriorata situazione» nella regione con il presidente Bush. «Cerchiamo di essere chiari su quello che sta succedendo in Iraq. È vero, ci sono difficoltà tremende. Devono esserci per forza considerando che ci sono gruppi terroristici e ex membri del governo di Saddam Hussein pronti ad uccidere innocenti civili», ha osservato. «Non sono - ha puntualizzato - gli americani e le forze della coalizione che stanno cercando di cacciare a suon di bombe Nazioni Unite e Croce Rossa da Baghdad e che uccidono gli iracheni». «Certo, è difficile. Ma le implicazioni delle vostre domande significano: visto che in Iraq è difficile, dobbiamo uscirne e ritirarci. E questa sarebbe la cosa peggiore che potremmo fare», ha sottolineato il premier. Dobbiamo rimanere, ha insistito Blair, e venire a capo della situazione. La linea del capo del governo sembra essere condivisa anche dall'Istituto Internazionale per gli Studi Strategici di Londra (Iiss). Uno degli analisti dell'autorevole organizzazione, Christopher Langton, ha sottolineato come la situazione si sia ulteriormente complicata con la totale scomparsa di qualunque tipo di controllo alle frontiere. Questo, secondo quanto dichiarato da Langton, fa sì che «chiunque possa entrare nel paese ed unirsi alla causa della Jihad, come stanno già facendo i guerriglieri di diversi paesi arabi vicini». Per Langton è fondamentale «essere misurati nelle reazioni». «Indubbiamente si deve alzare il livello di guardia, ma solo localmente, e si deve essere pronti a ridurlo quando la situazione si calma», ha spiegato l'analista. Anche perchè, a suo avviso, «la popolazione adesso sarà solidale nei confronti degli italiani», ma «se viene usata una eccessiva forza repressiva la situazione non può che degenerare».

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