Pensioni: D'Amato mette fretta e i sindacati si scaldano
E poco dopo da Palazzo Chigi arriva la risposta: sulla riforma siamo pronti a porre anche la fiducia. «È stata già autorizzata dal Consiglio dei ministri» ha annunciato il titolare dell'Economia, Giulio Tremonti, lasciando intendere che, se servirà, sarà utilizzata. Se il vice premier, Gianfranco Fini, frena («una cosa alla volta») e il ministro del Welfare, Roberto Maroni, per ora preferisce non pronunciarsi («non commento»), il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, conferma che «la fiducia può essere necessaria per fare la riforma in tempi brevi». Il braccio di ferro con i sindacati, in attesa di una convocazione da parte di Palazzo Chigi, va avanti a colpi di spinte e controspinte. Al punto da portare il leader della Cisl, Savino Pezzotta, a intravedere in una «grande mobilitazione l'unica risposta possibile», mentre per il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, «il governo dimostra di non voler cambiare la riforma e di non volere alcun dialogo». Quella avanzata da Tremonti è «una pessima idea» è il commento del numero uno della Uil, Luigi Angeletti. Anche per Stefano Cetica, segretario generale dell'Ugl, «il confronto a distanza sulla previdenza obbliga tutte le parti ad alzare i toni per farsi sentire e con le urla non ci può essere dialogo». Il giro di vite del governo — L'uscita del ministro Tremonti non è casuale. L'obiettivo del governo è far approvare la riforma entro l'anno. Questo non solo perché così è stato promesso a Bruxelles, ma anche perché dal gennaio 2004 dovrebbero partire gli incentivi per chi, raggiunti i requisiti per la pensione di anzianità, decide di restare al lavoro. Se l'iter parlamentare dovesse protrarsi oltre il previsto, il super bonus in busta paga rischierebbe di slittare ben oltre l'inizio del prossimo anno, riducendosi così i risparmi attesi. Sindacati a spada tratta — Con l'ipotesi fiducia sembra cadere la pur remota possibilità di ripresa di un confronto sulle pensioni tra governo e sindacati. Cgil, Cisl e Uil - che già avevano avvertito sull'inutilità di una convocazione di Palazzo Chigi senza la volontà di ripartire da zero - si dicono pronte a lottare fino a che ce ne sarà bisogno. «L'unica risposta è una grande mobilitazione - ha detto Pezzotta - a cominciare dalla manifestazione del prossimo 15 novembre a Reggio Calabria e da quella del 6 dicembre a Roma, quando porteremo in piazza milioni di persone».