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«Resteremo al governo fino a gennaio»

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Bossi: «Federalismo o ce ne andiamo. Casini? La madonna pellegrina di chi guarda al dopo Berlusconi»

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Un colpo di teatro, l'ennesimo, quello di ieri di Bossi, arrivato nel giorno in cui l'Assemblea federale del movimento era chiamata ad esprimersi su un possibile abbandono della Lega, dopo lo schiaffo della bocciatura della riforma dei tribunali minorili fortemente voluta dal ministro della Giustizia Roberto Castelli. E che è giunto dopo i duri sfoghi di altri leghisti di primo piano come il capogruppo alla Camera Alessandro Cè, o dello stesso ministro del Welfare Roberto Maroni pronto a sacrificare i vincoli di maggioranza nel nome del federalismo. «È una riforma che va fatta a qualunque costo, possibilmente con l'attuale maggoranza, ma eventualmente con chiunque si renda disponibile». A rimettere in riga i suoi ci ha pensato direttamente Bossi che ha deciso di rinviare a gennaio la resa dei conti con Berlusconi e gli alleati. Senza per questo fare sconti, ma bocciando anche l'ipotesi di nuove formule. «Vigileremo perché il federalismo, patto fondante alla base della nostra libertà venga rispettato, ma deve essere ben chiaro a tutti che questo Governo non ha alternative, non ce n'è un altro di ricambio». In più Bossi ha messo in guardia da possibili manovre per scalzare Berlusconi e nel mirino è finito in particolare il presidente della Camera. «Evidentemente lui è la Madonna Pellegrina che stanno beatificando per il dopo Berlusconi. Ma hanno fatto i conti senza l'oste, con il Nord e forse anche con il resto del Paese che aspetta le riforme». Per sè il leader del Carroccio disegna un ruolo da cartone animato. «Certe volte mi sembra di essere il canarino Titti che deve sempre guardarsi dal Gatto Silvestro. E anch'io devo stare attento a quanti vogliono annullare quanto uscito dal voto popolare e far saltare il patto con i cittadini. Uno scenario da prima Repubblica su cui si deve vigilare». Ma il leader della Lega ricorda anche che «nessuno ha fatto una politica migliore del nostro Governo in Europa, dal punto di vista sociale ed economico, nonostante la gravissima crisi internazionale. Noi non abbiamo messo le mani nelle tasche dei cittadini»; attacca però il Governo stesso dal punto di vista delle riforme. «Di riforme dello Stato non se ne sono fatte - ha spiegato -. La mia impressione è che sia prevalsa tra gli alleati la volontà di non fare le riforme. Qualcuno fantastica sul dopo-Berlusconi e così facendo danneggia il Governo, e poi si è anche dato vita ad una lotta oscura e sotterranea per eliminare la Lega. Infine c'è stata la bocciatura del Ddl di Castelli, un voto che mina la certezza riformista che fu alla base della nascita della Cdl». A frenare le tentazioni di far uscire subito la Lega dal Governo è stato anche il ministro della Giustizia Roberto Castelli, direttamente sfiduciato in Paramento sul provvedimento relativo ai tribunali minorili. «Probabilmente faremmo meglio a uscire, ma così tradiremmo il popolo che ci ha votato, ormai siamo l'ultima speranza di fare le riforme. Se andiamo via noi, tutti costoro resterebbero senza speranza e senza futuro». E la base leghista ha detto «sì», per alzata di mano, praticamente all'unanimità.

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