Pensioni, Maroni passa la palla a Palazzo Chigi
A tirare la palla a Palazzo Chigi è stato il ministro del Welfare Roberto Maroni che ha però respinto nuovamente ogni pretesa sindacale su un ritiro della riforma. Sarà quindi compito di Silvio Berlusconi capire se ci sono margini di trattativa, se alcune richieste possono essere accolte, se veramente il dialogo può riprendere. Cosa che in cuor suo Maroni mostra di reputare altamente improbabile. «Finora - ha spiegato ieri il ministro - è stato il presidente del Consiglio a gestire e dirigere la posizione del Governo. Ha operato perchè si trovasse un accordo ed è merito suo se si è raggiunta un'intesa. A questo punto è opportuno che sia direttamente Berlusconi a stimolare il confronto». Una posizione che per una volta trova d'accordo Gianni Alemanno, ministro dell'Agricoltura che per conto di An sta seguendo il percorso della riforma. Ma per Alemanno saerebbe un errore anche forzare i tempi. «Non c'è fretta, prima bisogna verificare con calma i conti presentati dalla Ragioneria anche per evitare discorsi inutili. Del resto - ha aggiunto Alemanno - l'iter parlamentare della riforma è appena partito e noi dobbiamo sfidare i sindacati sul versante delle proposte e delle idee perché tutti ammettono che c'è un problema di pensioni e bisogna trovare la soluzione migliore e di minor impatto sociale». Per Alemanno quindi «solo nelle prossime settimane, senza fretta, fisserà la data e convocherà il sindacato». Ma per Maroni la questione tempo è essenziale e chiudere entro l'anno la questione è una scommessa da vincere. Anche perchè una serie di misure a partire dai super-incentivi per chi decide di restare al lavoro dovrebbero scattare già da gennaio. Settimana importante la prossima anche sul versante della Finanziaria. Al Senato il provvedimento va in Aula mentre alla Camera inizia l'esame del decretone già approvato da Palazzo Madama. E su questo secondo provvedimento si fa sempre più consistente l'ipotesi di un secondo voto di fiducia, per evitare sorprese e un terzo giro al Senato. Ieri anche il segretario dell'Udc Marco Follini ha dato il suo via libera alla fiducia. Intanto dovrebbe essere risolto entro la prossima settimana il problema dei ricercatori che hanno vinto il concorso e che a causa del blocco delle assunzioni stabilito in Finanziaria non possono entrare in ruolo. Sarà un emendamento della maggioranza a sciogliere la questione già nel prossimo passaggio parlamentare della Finanziaria, quello nell'Aula del Senato. Ma l'impegno su ricerca e università dovrebbe anche portare nuove risorse al fondo ordinario nell'ordine di circa 100 milioni di euro. Perde quota invece l'ipotesi di inserire nella manovra un bonus per assistere gli anziani, problema che comunque sembra rinviato definitivamente alla Camera. L'ipotesi del «bonus nonno» dovrebbe essere discussa alla Camera, come anche i problemi degli enti locali e delle forze armate, non risolvibili nei tempi del Senato che entro la fine della prossima settimana licenzierà la manovra. Ma il sottosegretario al Welfare Grazia Sestini frena: «Le famiglie che assistono un anziano in casa sono circa 1.700.000 e mi sembra aleatorio pensare di poter finanziare un 'bonus nonnò con questa cifra».