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Il Cavaliere: la maggioranza presa dal cupio dissolvi

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Il premier esclude un rimpasto di governo, si dice disposto ad «affrontare pacatamente» le obiezioni sul ruolo di Tremonti, è pronto a sostenere Fini per una eventuale adesione al Ppe e pensa al partito unico del centro-destra. Ma lamenta le divisioni nella maggioranza. «È un miracolo - dice - che i sondaggi tengano, che tanta gente conservi il proprio giudizio a nostro favore senza farselo cambiare dalle tonnellate di fango che ci piovono ogni giorno addosso dai giornali e dalla televisione. È stupefacente che conservi una quota così rilevante di consensi anche una squadra che a volte sembra presa da un cupio dissolvi». Berlusconi afferma che «gli strappi su argomenti di modesta importanza non toccano il programma di governo sul quale invece restiamo assolutamente compatti. Il paradosso è proprio questo -dice- sulle cose da fare concordate nel 2001 non ci sono state mai divergenze tra noi e siamo andati avanti nonostante l'11 settembre, la crisi dei mercati finanziari dopo lo scandalo Enron, la guerra in Afghanistan, la guerra in Iraq, la stagnazione economica che ha colpito l'Europa intera. E i terremoti, le alluvioni, la siccità che hanno flagellato l'Italia». Il presidente del Consiglio elenca le cose fatte negli ultimi mesi. «Abbiamo avviato la modifica costituzionale dell'architettura dello Stato, per trasformare l'Italia in una repubblica federale con un sistema sostanzialmente monocamerale - dice - Abbiamo avviato una riforma strutturale del sistema pensionistico. Chi aveva mai avuto il coraggio di affrontare radicalmente questo tema? Stiamo facendo approvare tutti insieme una difficilissima legge finanziaria. In meno di due anni e mezzo di governo abbiamo approvato 383 tra decreti legge e disegni di legge». E allora? «Poi - spiega - in nome delle cosiddette bandiere di partito, si finisce sui giornali per diverbi su temi assolutamente marginali. Fa eccezione il comportamento e la tenuta di Forza Italia, il partito guida che rappresenta il 59% della coalizione e che, a causa dell'attuale sistema elettorale, conta come quei partiti che hanno un po' più del 3% dei voti ma risultano marginalmente indispensabili alla coalizione». Il premier afferma che «non è mai esistito un asse Bossi-Berlusconi» e soprattutto, aggiunge, «escludo in modo tassativo che ci sia mai stata una prevalenza di Bossi nelle iniziative del governo». Anche se «è chiaro - dice - che i nostri elettori del centro-sud si sono sentiti toccati nell'intimo da certe affermazioni di Bossi su Roma, su Milano capitale e così via», una reazione «prevedibile». Berlusconi taglia corto sui diverbi e indica un orizzonte più ambizioso. «Eppure -afferma- i quattro partiti potrebbero stare benissimo insieme in un unico movimento. Tra loro non esistono differenze ideologiche marcate. Fi è un partito liberale antifascista e antitotalitario, insieme cattolico e laico. An si è trasformata anch'essa in un partito liberale e la nuova posizione di Fini sugli immigrati segna una svolta di 180 gradi rispetto alle posizioni tradizionali di An. L'Udc unisce tre partiti cattolici che non presentano distinzioni visibili rispetto a Fi. E la Lega ha rinunciato alla secessione del Nord e ha portato avanti la bandiera del federalismo in cui tutti ormai ci riconosciamo con convinzione».

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