Dopo la sentenza Andreotti è battaglia. Violante sotto accusa Giustizia, azzurri all'attacco «S'indaghi sull'uso politico»
Ieri Violante proclamava che «le cose stanno diversamente» da quanto detto da Andreotti dopo la positiva e definitiva decisione della Cassazione nei suoi confronti, e nega la «piccola trama» e le «gravissima scorrettezza» attribuitegli dal senatore a vita. Ma la vicenda non sembra destinata a finire qui. L'auspicio di Massimo D'Alema, affinché si possano «archiviare i veleni che hanno inquinato in anni recenti la politica», è durato appena qualche ora. Forza Italia attacca. Il capogruppo azzurro al Senato Renato Schifani ha infatti chiesto, in una lettera, al presidente Marcello Pera di convocare l'Aula per discutere sull'«opportunità di valutare se questa pagina potrà essere archiviata o se meriterà di essere illuminata del tutto». La «pagina» di cui parla Schifani è quella delle inchieste della magistratura su esponenti politici, tutti di una «medesima area di consenso», definite «troppe e devastanti» e conclusesi con delle assoluzioni. A questo proposito Schifani cita i casi giudiziari di Vincenzo Scotti, Antonio Gava, Francesco Musotto e Calogero Mannino (quest'ultimo assolto,per ora, in primo grado). La richiesta riaccende lo scontro tra i due Poli, con il centrodestra all'attacco (anche se An appare più perplessa) e il centrosinistra sulla difensiva che si interroga, peraltro, sulla contemporaneità tra l'iniziativa del capogruppo di Forza Italia e la lettera aperta di Pera a Andreotti, dove si parla di «un'epoca feroce in cui la giustizia era diventata per alcuni un'arma politica». Violante si difende: «Nessuna trama contro Andreotti». E, nel tentativo di porre fine alle polemiche, spiega perché decise, nel '93 quando era presidente dell'Antimafia, di scrivere alla procura di Palermo per informarla della telefonata anonima sul delitto di Mino Pecorelli. Fu l'inizio del calvario per Andreotti. Ma Violante sostiene che «anche in quella occasione, come per tutte quelle analoghe, ho trasmesso all'autorità giudiziaria, nel quadro della leale cooperazione tra poteri dello Stato, le notizie di cui la Commissione era venuta in possesso». Dunque nessuna trama. Un'autodifesa su carta stampata che non convince la Casa delle libertà, secondo la quale Violante ha voluto processare, con Andreotti, un'intera classe politica. E lascia molti dubbi allo stesso Andreotti che conferma le responsabilità personali del capogruppo diessino alla Camera. Mentre i Ds fanno quadrato attorno a Violante finito nella bufera il Polo continua a sparare a zero e solo Alleanza Nazionale prende le distanze da quella che Domenico Nania definisce la «cultura del sospetto». Non basta. Il numero due della Lega Nord Roberto Calderoli sollecita addirittura «una commissione d'inchiesta» sulla vicenda Andreotti-Violante. E rivolto all'Ulivo dice con tono minaccioso: «Chi di giustizia ferisce, di giustizia perisce». Il presidente della Commissione Antimafia, l'azzurro Roberto Centaro, annuncia inoltre che «a fari spenti» l'organo parlamentare indagherà sui processi Andreotti. Chiosa per tutti il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi: «Violante è stato magistrato. Di quei magistrati che non hanno mai fatto mistero di voler fare politica attraverso l'azione giudiziaria. Erano quelli che pensavano di cambiare tramite i processi l'ordine costituito del paese. Con Andreotti gli è andata male, molto male. E ora ci riporvano con Berlusconi».