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Crocifisso a scuola, l'Italia intera lo difende

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Tocca agli ispettori del ministro Castelli valutare l'eventualità di un provvedimento disciplinare

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Da maggioranza e opposizione si è levato ieri un coro di critiche e la Cei ha protestato con forza. Intanto, mentre a Ofena si aspetta la notifica della decisione del Tribunale per dare seguito al contestato verdetto, il ministro della Giustizia, Castelli, ha deciso di intervenire, affidando agli ispettori di via Arenula il compito di accertare se ci siano gli estremi per un provvedimento disciplinare nei confronti del magistrato dell'Aquila. Sulla scia delle prime reazioni suscitate dal controverso giudizio, il ministero dell'Istruzione, ieri ha ribadito una volta per tutte la sua posizione: «Applichiamo e continueremo ad applicare le disposizioni di legge del '24, mai abrogate, che fanno, appunto, obbligo di esporre il crocifisso in tutte le scuole, così come in tutti i tribunali». Il dicastero di viale Trastevere ha anche annunciato che non appena la decisione del giudice Montanaro sarà notificata verrà valutata l'opportunità di un ricorso al grado superiore di giudizio. A quanto pare, la sentenza del tribunale aquilano è in contraddizione con una legge vigente dello Stato, che nessun Parlamento ha mai cambiato, nè tanto meno la Corte costituzionale. Si preoccuperà di verificare proprio questo l'ispettorato di via Arenula, al quale il Guardasigilli ha dato l'incarico di verificare se la sentenza sia stata estesa nel rispetto dell'ordinamento o se siano state ignorate leggi vigenti. «Ricordo - ha affermato Castelli - che in giurisprudenza esiste la possibilità di sanzionare dal punto di vista disciplinare chi emette sentenze abnormi». Fra chi ha manifestato indignazione spicca il costituzionalista Augusto Barbera. «Considero profondamente sbagliata questa sentenza - ha dichiarato -. Il giudice poteva soltanto sollevare la questione,mandando gli atti alla Corte costituzionale». Augusto Barbera sottolinea quindi che sulla materia «ci sono atti aventi forza di legge in vigore. Un giudice non può disattenderli», ovvero il «regio decreto del 1923, la riforma Gentile, è stato riconfermato nel 1928, e anche dopo la revisione del Concordato nel 1984 è stata considerata ancora in vigore». Più in generale Barbera, direttore dei «Quaderni Costituzionali», si schiera contro la soluzione giuridica della questione, affermando: «Non credo che una questione così delicata possa essere risolta da sentenze tagliate con l'accetta» e indica come soggetti competenti «la Corte costituzionale oppure il Parlamento». Al coro di critiche inaspettatamente si è aggiunta anche l'Ucoii, L'Unione delle comunità islamiche italiane, secondo la quale la sentenza produrrà «effetti perversi, indesiderati e certamente negativi per quel dialogo cristiano-musulmano che tanto faticosamente si sta cercando di avviare».

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