Israele diviso dall'accordo di Ginevra
«È più pericoloso di Oslo», ha tuonato Sharon durante un comizio del Likud, la coalizione di destra di cui è alla guida e da sempre contraria agli accordi di pace conclusi nel 1993 nella capitale norvegese e sottoscritti dallo scomparso premier Yitzhak Rabin (assassinato nel 1995 a Tel Aviv da un estremista di destra ebreo) e dal presidente palestinese Yasser Arafat. «Com'è possibile che, nel momento in cui Israele sta conducendo una guerra contro il terrorismo, membri dell' opposizione mettano a punto un accordo di pace con il nemico?», ha rincarato il ministro della sanità Danni Naveh (Likud). E due giorni fa, Shaul Yahalom, un deputato del Partito nazionale religioso (estrema destra), ha addirittura richiesto la pena di morte per i promotori israeliani del patto di pace, la cui firma simbolica è prevista per il prossimo 4 novembre (ottavo anniversario dell'assassinio di Rabin) a Ginevra, dove per oltre due anni - e con il sostegno del governo svizzero - si sono svolti gran parte degli incontri segreti per elaborarlo. Su sua richiesta, una delegazione di quelli che il deputato Yahalom considera «traditori» è stata tuttavia ricevuta stamane a Gerusalemme dal presidente israeliano Moshe Katzav. «Il fatto che abbia ricevuto la delegazione non significa in alcun modo che abbia dato il mio assenso al piano o che lo abbia legittimato», ha tenuto a puntualizzare Katzav. Ma a dispetto del simbolico patto di pace, nei Territori la situazione rimane sempre incandescente. A Tulkarem, nel nord della Cisgiordania, due sospetti «collaborazionisti» d'Israele - Samit Ufi e Mohamed Faraj, entrambi ventenni - sono stati «giustiziati» in pubblico da miliziani delle «Brigate martiri di Al-Aqsa». La costruzione del «muro di difesa» isola i palestiensi che vivono a Tulkarem e Kalkiliya in Cisgiordania dove è ripresa la costruzione di nuovi insediamenti in spregio agli accordi della road map.