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di CARLO MARIA FENU BERLINO — Dal cuoco cinese a Roosevelt, passando per Karl Marx, il ...

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È stato una lezione a tutto tondo quella tenuta ieri a Berlino, alla prestigiosa Humboldt-Universitdt, dal ministro dell'economia Giulio Tremonti che, per l'occasione, ha deciso di dismettere i panni del ministro e di parlare «come professore, non con l'obiettivo di convincervi, ma di catturare la vostra attenzione». E proprio mentre Tremonti, in Germania, snocciolava le sue tesi sulla minaccia commerciale rappresentata dalla Cina per l'economia europea, in Italia l'Istat confermava come il Made in China continui a guadagnare drammaticamente quote di mercato in Italia. In concreto, nei primi nove mesi del 2003, le esportazioni cinesi sono cresciute del 17,6%, mentre l'export italiano nel paese dei mandarini è diminuito del 7,8%. L'analisi di Tremonti è partita da una constatazione: i grandi modelli sociali dell'ultimo mezzo secolo - dal consumismo al marxismo al reganismo - sono finiti e, al momento, non c'è un modello sociale di riferimento. «Ma è difficile avere sviluppo senza un modello sociale», ha osservato il ministro, spiegando inoltre che la situazione attuale è aggravata da una forte «asimmetria fra la magnitudine dei problemi e la capacità di governarli. Non abbiamo più i vecchi poteri degli stati nazionali, ma in Europa non abbiamo ancora quelli nuovi». Ci troviamo quindi a vivere in un mondo in cui la competizione avviene quasi senza regole e in cui l'introduzione dell'euro ha modificato i meccanismi del commercio internazionale. «In Europa ci sono troppe regole, in Cina troppo poche. Il risultato è che è impossibile competere», ha rilevato Tremonti, secondo il quale l'Europa, continuando «a legiferare sulle galline, corre il rischio di fare la fine della gallina cotta nella pentola del cuoco cinese». «Ci vorrebbero quindi due o tre anni di periodo sabbatico dalle norme europee», ha dichiarato provocatoriamente il ministro, elencando poi alcune contromisure per regolare un commercio internazionale. L'Europa non deve inventare nulla per difendere i suoi prodotti, ha spiegato Tremonti, ma copiare «solo ciò che fa l'America quando applica i suoi rigorosi standard qualitativi anche ai prodotti che vengono importati negli Usa». Il Vecchio continente è infatti l'unico blocco economico che «non prevede limiti al commercio, mentre il mercato Usa si difende e quello cinese è impenetrabile». L'Europa, ha spiegato ancora il ministro ricorrendo alla mitologia, non è più Agenore, ma l'enigmatica Penelope che di giorno fa una cosa e di notte la disfa. «Se oggi Marx fosse vivo, quindi, probabilmente non studierebbe le clausole relative al 3%, ma «la più colossale emigrazione industriale mai avvenuta nella storia, cioè i rapporti con i cinesi». Tra i fattori di impedimento alla crescita economica, tuttavia, Tremonti non annovera, a differenza di altri uomini politici europei, il Patto di stabilità. Anzi, ha osservato il ministro, il Patto è uno strumento che è anche «un investimento, poichè sarebbe molto difficile gestire un ingente debito pubblico come il nostro senza il Patto. Siamo consapevoli dei suoi limiti, ma anche dei molti rischi che deriverebbero da una sua violazione».

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