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Manovra, rissa sulla vendita dei beni culturali

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Il giallo di un emendamento della Cdl sconfessato dal Tesoro. Ci sarà giro di vite sui condoni

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E oggi incontro di maggioranza per mettere a punto linee comuni, e provare a ridurre gli oltre 1.000 emendamenti della Cdl. Se l'articolo del provvedimento relativo alla privatizzazione non piaceva granchè ad alcuni componenti della maggioranza (il testo parla genericamente di «cose mobili e immobili» che possono essere cedibili se non viene certificata la sussistenza di valori artistici o culturali), ancor meno è andato giù un emendamento del relatore di maggioranza Tarolli (Udc) che introduce il principio del silenzio-assenzo da parte della soprintendenza regionale, per la vendita dei beni di interesse culturale. Cosa che fa manda in bestia prima il ministro dei Beni culturali Urbani, poi quello dell'Ambiente Matteoli, quindi quello per i Rapporti con il Parlamento Giovanardi. Oggetto degli strali il ministro dell'Economia Tremonti ispiratore, secondo Tarolli, dell'emendamento che porta la sua firma. La proposta di modifica presentata da Tarolli prevede che, in assenza di risposta entro sessanta giorni da parte della soprintendenza regionale sull'eventuale interesse culturale di un bene, questo diventa vendibile. All'immediata reazione del ministro Urbani (un emendamento «velleitario, goffo, controproducente»), fa da sponda il titolare dell'Ambiente Matteoli. Il condono è stato accettato senza entusiasmo e solo per necessità, dice il ministro, ma con l'accordo di non presentare modifiche se non concordate. Se poi si presentano emendamenti «scegliendo la scorciatoia di farli presentare da un parlamentare», l'accordo non c'è più. «Si va al saccheggio» dei beni culturali, dice Matteoli, e dunque non reggerebbe più nemmeno l'accordo sul condono edilizio. Tarolli sembra reggere con tranquillità alle bordate dei ministri. «Sia io che il ministro dell'Economia - spiega - siamo concordi sul fatto che per la vendita un termine di scadenza debba esserci». Del resto, preciserà più tardi, quando che la polemica è scoppiata, «gli emendamenti da me presentati giovedì pomeriggio sono stati sollecitati dal ministero dell'Economia presupponendo che godessero di un'intesa con gli altri ministeri. Pare che non fosse così». Giovanardi prende male la cosa, e in un comunicato precisa che l'emendamento di Tarolli non è stato autorizzato da nessuno. Il rappresentante del Governo in Senato, il sottosegretario all'Economia Maria Teresa Armosino sostiene di non aver mai visto l'emendamento del relatore. Interviene anche il ministro Buttiglione: «Il senatore Tarolli è una brava persona - dice - dubito che abbia fatto delle proposte non concordate. Sarebbe bene che tutti i ministri, quando vogliono fare degli emendamenti, li propongano in prima persona, assumendosene la responsabilità politica».

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