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Belgrado setaccia le carte di Milosevic a L'Aja «Ci sono cose interessanti, tra poco la svolta»

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A L'Aja ci sono carte interessanti su Telekom Serbia. Ma occorre fare tutte le verifiche con la massima attenzione. Penso che il nostro uomo, un magistrato che si trova lì, tra un mese avrà delle importanti novità». Parla piano il nostro interlocutore, uno di coloro che sta conducendo l'inchiesta che il ministero della Giustizia serbo ha avviato sulla vendita del 29% della compagnia telefonica belgradese all'italiana Telecom nel 1997. Fa freddo a Belgrado e al Caffè Moska servono ancora un discreto caffè turco e un buon cappuccino. Il nostro interlocutore, che chiede l'anonimato, conferma: «Ci vorrà del tempo, la quantità di carte che ha il Procuratore del Tribunale penale internazionale, Carla del Ponte, su Milosevic è enorme. Sappiamo che ci sono diverse cose molto importanti, ma bisogna verificare tutto, carta per carta con grande attenzione. Siamo convinti anche che ci siano documenti anche sulla movimentazione bancaria. In quel caso ci potranno essere delle importanti novità». A Belgrado la vita scorre veloce. Si cerca ancora una stabilità che non c'è. Il premier Zoran Djindjic è stato assassinato sette mesi fa, il Paese viaggia rapido verso le nuove elezioni che si terranno a dicembre. E il governo si tiene a fatica anche in questo pezzetto di strada che ha da fare: i tre partiti maggiori della coalizione che sostiene il governo (in tutto è composta da diciotto formazioni diverse) cerca un accordo che regga almeno fino al voto. Insomma, c'è altro a cui pensare. E Telekom serbia non è una priorità. Anche se il ministro della giustizia serbo, Vladan Batic, ha impresso un notevole impulso all'indagine. Ha incontrato il 24 settembre scorso la Del Ponte, che gli ha spiegato il contenuto dei nove scatoloni di documentazione bancaria sequestrata a Milosevic. Al ritorno a Belgrado il ministro serbo ha confessato ai suoi: «Quando la Del Ponte mi ha raccontato le cifre mi girava la testa». Belgrado intende fare passi non solo con L'Aja, ma anche con Londra e Atene. Infatti, il Procuratore del Tpi ha spiegato al guardasigilli serbo che «alcuni documenti - afferma ancora la fonte - sono già stati chiesti da Gran Bretagna e Grecia e a loro consegnati». Belgrado ha quindi chiesto di consultare questi documenti o di averne copia. Si va avanti, dunque. Seppur tra mille difficoltà e comunque anche dalla volontà dei serbi di non entrare nella questione politica. E su questo punto il nostro interlocutore guarda attraverso le vetrine del Caffè Moska, tira un sospiro e dice: «Questa storia è anche uno scontro politico tra Berlusconi e Prodi, nel quale noi non vogliamo entrare. Anche perché Prodi è il presidente della commissione europea». Va bene, dunque, l'inchiesta. Va anche bene andare a fondo, scavare in tutti gli affari loschi di Milosevic. Ma qui si guarda all'Europa, si cerca una via per rialzarsi e si prova ad archiviare presto Djindjic. E non c'è tanta voglia di scavare negli archivi di Milosevic.

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