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«Tutti sapevano di Telekom, nessuno mi fermò»

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La «confessione» di Tomaso Tommasi di Vignano: «Agli Esteri mandammo tutte le informazioni»

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Tomaso Tommasi di Vignano, ex amministratore delegato di Telecom Italia, rompe il silenzio durato due anni e mezzo e, in una lunga intervista all'Espesso, nel numero in edicola oggi, difende «il merito economico e la correttezza aziendale» dell'operazione che, sotto la sua direzione, portò nel giugno del 1997 Telecom Italia a rilevare il 29% di Telekom Serbia. Tommasi di Vignano ricostruisce nel dettaglio i passaggi dell'operazione e, alla fine, parla dei rapporti con il governo di allora: «Come ha spiegato in Commissione l'allora direttore generale del Tesoro Mario Draghi, non c'era alcuna autorizzazione da chiedere al governo. E mi stupisco che siano proprio i sedicenti liberisti a lamentarsi perché Telecom, già quotata in Borsa a Milano e New York, si limitasse a rispondere ai suoi consigli». Diede almeno informazioni al governo? «Certo - risponde Tommasi di Vignano - quando il ministero degli Esteri, dopo i rapporti di Bascone (l'ex ambasciatore italiano a Belgrado, ndr), ci chiese notizie. Rispondemmo alla competente direzione della Farnesina. E i nostri dirigenti fecero lo stesso con la competente ambasciata a Belgrado che aveva chiesto di incontrarli». L'ex amministratore delegato di Telecom Italia non nasconde la propria irritazione: «Questo gioco del cerino su chi sapeva e chi non sapeva è irrilevante nel merito e disonesto sul piano intellettuale. I consigli di amministrazione sapevano. Il piano industriale che confermava l'interesse di Telecom nei Balcani non era un segreto. Di più, i quotidiani avevano cominciato a scrivere dell'accordo una decina di giorni prima della firma. Tutti dunque sapevano - afferma Tommasi di Vignano - ma nessuno mi chiese di fermarmi o anche solo di dare altri chiarimenti: nessun consigliere di amministrazione, nessun esponente del Tesoro, nessun personaggio del governo e, badi bene, nessun leader dell'opposizione». Tommasi di Vignano fa notare che all'epoca le uniche obiezioni furono sollevate dai radicali «sul piano dell'opportunità politica»: per il resto «silenzio per i quattro anni seguenti», «e poi all'improvviso si monta una storia di tangenti sul nulla, si ciancia di danni all'Erario che non ci sono stati, e un uomo che aveva fatto il suo lavoro senza ombra alcuna viene messo alla graticola dei media per i quattro anni seguenti». L'ex amministratore delegato di Telecom va al contrattacco, definendo «infamanti» le accuse lanciate da parlamentari come Alfredo Vito (Fi) che ha chiesto in Commissione Telekom Serbia di acquisire il contratto del 1997: «Quel contratto Vito l'aveva già a disposizione da tempo. Era stato già sequestrato due anni prima dalla magistratura torinese e la Commissione l'aveva nel cassetto». Ma arriva un'altra batosta per chi vuole fermare l'inchiesta sull'affaire serbo: il Sisde non ha alcun rapporto col composito mondo di faccendieri, consulenti e affaristi vari che ruotano attorno alla vicenda. Lo ha chiarito il direttore del servizio segreto, Mario Mori, nel corso di un' audizione al Copaco, durata circa due ore e mezza.

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