Sugli immigrati troveremo l'accordo, ma per fare la riforma occorrono tempo e accordo europeo
Credete che gli italiani - aggiunge - accetterebbero una cosa del genere?». Buona parte della conferenza stampa di Berlusconi dopo il consiglio dei ministri ieri è dedicata all'argomento, sia nel merito della proposta improvvisamente avanzata da Fini nei giorni scorsi, sia sulla coesione e sulle logiche interne del centrodestra, mentre la frase che più si pronuncia è crisi, o almeno verifica di governo. Nel merito della proposta Fini il premier non chiude la porta, ma mette in evidenza le molte difficoltà che il voto agli immigrati pone. «Ho detto e ribadisco - dichiara - che non è nel programma di governo, ma questo non significa che non sia un punto su cui si può ragionare e su cui si devono prendere delle decisioni, naturalmente nell'ambito di una gerarchia di problemi: abbiamo il problema della finanziaria, dell'economia che ristagna, della criminalità, dell'ammodernamento del nostro ordinamento legislativo». «Il principio è indiscutibile - concede Berlusconi - ma è già nel nostro ordinamento giuridico; già si prevede la possibilità da parte dei cittadini stranieri che lavorano per un certo periodo, che è ora fissato dalla nostra Costituzione in dieci anni, di diventare cittadini italiani e di poter votare non soltanto nelle elezioni amministrative ma anche nelle elezioni politiche. Affronteremo anche questo e con la solita positività troveremo un accordo che possa considerare la posizione di coloro che vengono in Italia e danno un supporto alla nostra economia». Per un intervento, comunque, «i tempi - spiega - sono molto lunghi, ma l'ottimismo è d'obbligo»: può essere necessario «un provvedimento costituzionale» e pertanto «si tratta di tempi che non riguardano il domani o il dopodomani, ma saranno comunque molto lunghi». In ogni caso, puntualizza Berlusconi, la soluzione andrà trovata «in rapporto all'Europa, in modo da non avere un vestito d'Arlecchino per cui in ogni Paese ci sia un differente trattamento». Il premier affronta quindi il problema della visibilità e del peso politico dei partiti della coalizione. «Io mi sforzo - dice - di dare pari dignità a tutte le forze politiche della maggioranza, anche a scapito di Forza Italia», dice riferendosi alla possibilità di un riequilibrio all'interno del governo e della Cdl. «La necessità di dare identità e luce al proprio partito è un compito che spetta ai responsabili di ogni forza politica, ma da parte mia - spiega - c'è sempre lo sforzo di dare ampia visibilità a tutti, ma proprio a tutti», e afferma che nell'ambito della Cdl «Forza Italia applica un "manuale Cencelli" alla rovescia». «Quando ci sono tre posti da dare - dice - si danno agli altri tre partiti della coalizione e non a Forza Italia, che interviene solo quando c'è il quarto posto». Per questo, sottolinea, «Forza Italia, che è il partito più importante della coalizione con il 29,4% dei voti nel 2001, è sottodimensionato negli incarichi rispetto al proprio peso reale». «Io credo - conclude - che nella coalizione la presenza e il peso di tutti questi altri partiti sia assolutamente superiore alle proporzioni che esistono nel voto. Forza Italia, ha il 59% di tutto l'elettorato della Cdl, quindi anche nell'assegnazione dei posti sa sempre essere generosa con gli alleati e tirarsi indietro».