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Le nuove norme vanno anticipate

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L'osservazione al discusso provvedimento che ha ricevuto il via libera dal Consiglio dei ministri lo scorso 3 ottobre viene dalla Corte dei conti e da Confindustria. La riforma delle pensioni - ha detto il presidente della Corte, Francesco Staderini, nel corso di un'audizione sulla Finanziaria - sarebbe «molto più credibile ed efficace se la sua decorrenza fosse anticipata, rispetto al 2008, adottando criteri di gradualità» e, pur essendo condivisibile la scelta del governo di agganciare la riforma alla manovra 2004 per conferire alla stessa un maggiore carattere strutturale, si corre il rischio che «il passaggio non graduale al nuovo regime a partire dal 2008 determini una significativa accelerazione dei pensionamenti». Ad auspicare l'anticipazione dell'entrata in vigore delle nuove norme che regoleranno l'andata in pensione, è anche Confindustria, con il suo presidente Antonio D'Amato e, dal convegno di Capri, con il presidente degli under 40 Annamaria Artoni. «Cosa accadrà da qui al 2008?» si è chiesto un D'Amato, preoccupato non solo per il contenimento della spesa pensionistica, ma anche per il reperimento delle risorse necessarie a rilanciare lo sviluppo. La riforma, secondo il leader degli industriali, «bisognava farla prima e magari anche gradualmente, ma a partire da tempi più brevi da quelli previsti dal disegno di legge, per investire risorse destinate all'occupazione». Al presidente fa eco quello dei Giovani confindustriali, Annamaria Artoni che, pur definendo la riforma «un segnale sicuramente positivo», sottolinea come sia stato commesso un errore di impostazione, perché il provvedimento «incide solo sulla previdenza, non sull'intera spesa sociale», e viene percepito dall'opinione pubblica come «punitivo per i lavoratori», mentre l'obiettivo è quello di «riscrivere un grande patto tra padri e figli». In vista dello sciopero generale del 24 ottobre non cessa, intanto, sul tema pensioni, il botta e risposta fra il ministro del Welfare, Roberto Maroni, che invita le forze sindacali a fare delle proposte alternative, e i leader confederali. Ieri è stata la volta del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che davanti alla platea dei pensionati della sua organizzazione ha respinto ancora una volta al mittente le esortazioni al dialogo. «Se dobbiamo trattare su questi margini finanziari, è una trattativa che per un sindacato degno di questo nome non ha senso», ha detto. «Tu tratti se questa legge viene accantonata, fai valere il tuo punto di vista rispetto ad altri. Ma su una legge che diventa legge, il sindacato che tratta? Mi pare davvero - ha concluso il segretario Cgil - un'impresa mai vista». Dal canto suo, il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, ha ribadito l'inutilità della riforma. «Sono i presupposti che non vediamo e la divergenza con il governo non è solo sulla riforma così com'è stata concepita, ma è soprattutto sui presupposti». Critiche alla Bce e al Fmi, intervenuti sulla necessità di riformare il sistema previdenziale italiano, sono venute invece il segretario generale della Cisl Savino Pezzotta, che giudica il metodo di valutazione «economicistico» della Banca centrale e del Fondo «inaccettabile, perché si sta decidendo del destino di persone in carne e ossa, non di risparmio».

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