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Maroni: «Il governo è pronto al dialogo con le parti sociali»

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Ad affermarlo è stato ieri il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, che ha assicurato: «Il 13 novembre la Finanziaria lascerà Palazzo Madama per essere esaminata dalla Camera. Entro quella data la commissione Lavoro del Senato avrà modo di istruire l'esame per poi passare rapidamente all'approvazione degli articoli e trasmettere il testo all'aula. Quando la manovra tornerà al Senato, la delega previdenziale potrà essere votata in terza lettura alla Camera. Non mi pare che ci possano essere gravi slittamenti». Da parte sua, il ministro del Lavoro, Roberto Maroni, in un convegno a Modena si è detto ottimista riguardo all'approvazione entro il 2003 della delega per la riforma delle pensioni. Dopo l'approvazione della delega sulle pensioni «il governo avrà 18 mesi di tempo per sostituire la riforma che parte dal 2008 con un'altra che le parti sociali dovessero proporre» ha detto, ribadendo che il governo è pronto al dialogo con le parti sociali non solo prima dell'approvazione del provvedimento, ma anche dopo che la delega sarà approvata. «Quindi c'è tutto il tempo di discutere, sia prima che dopo il varo della legge. Più di così mi pare difficile fare - ha osservato ancora Maroni - sul piano della disponibilità del governo al confronto». «Abbiamo discusso a lungo tempo dentro il governo e la maggioranza dei contenuti della riforma - ha aggiunto -. Adesso abbiamo approvato la nostra proposta, se qualcuna delle parti sociali ha delle proposte alternative ben vengano. Saremo felici di discuterla». Il ministro ha tenuto a ribadire che da qui al 2008 l'unica cosa che succederà ai lavoratori che maturano il diritto alla pensione di anzianità «è che se rimarranno al lavoro vedranno la loro retribuzione aumentare del 33% netto». «Non vedo come si possa ogni giorno ritornare sulle proprie decisioni - ha dichiarato Maroni - e l'emendamento che io porterò in Parlamento nei prossimi giorni è frutto di lunga discussione e votato all'unanimità nel Consiglio dei ministri. Il segretario generale della Sisl, Saverio Pezzotta, ha detto che «l'unità sindacale sembra una esagerazione. L'unità sarebbe come un matrimonio, qui non siamo neanche al fidanzamento». «Per ora abbiamo raggiunto delle convergenze rispetto ad una proposta sulle pensioni che non condividiamo e rispetto ad una Finanziaria che non ha accolto le nostre richieste. Se poi dalle convergenze - ha concluso Pezzotta - può nascere qualcosa in più tanto meglio». Intanto, lo Spi Cgil che, insieme al Cer, che ha fatto i conti in tasca al governo, ha chiesto all'esecutivo di riagganciare le pensioni agli andamenti dei salari. Un intervento «non più rinviabile» che costerebbe infatti a regime 2.259 milioni di euro l'anno e darebbe ossigeno a oltre 11 milioni di pensionati, che per ben oltre la metà (8 milioni e mezzo) percepiscono un «assegno» inferiore ai 750 euro al mese. Il tutto con un peso «contenuto» a carico delle casse dello Stato. L'indicizzazione infatti «costerebbe il 38% di quanto sono costati gli sgravi fiscali generalizzati concessi dalla legge finanziaria 2003 e che non sembrano aver avuto impatto alcuno sul sistema economico». Un intervento che per i pensionati della confederazione di Corso Italia potrebbe essere discusso già nel corso della prossima sessione di bilancio e, nel caso, «essere preferito ad altre misure di pari ammontare, ma con minore impatto redistributivo».

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