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È IN ARRIVO l'Agenzia dell'Ue per il controllo delle frontiere.

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Lo ha annunciato Joaquim Nunes De Almedia, del Gabinetto del Commissario europeo per la Giustizia e gli Affari interni, intervenuto alla conferenza europea sull'immigrazione in corso al Cnel. «L'agenzia - ha precisato - «ha l'appoggio del governo italiano. Si occuperà della formazione di guardie di frontiera, delle analisi dei rischi, del materiale informativo. Inoltre controllerà le zone a rischio più deboli». De Almedia ha sottolineato che a livello europeo non si pensa ad una polizia comune, ma allo sviluppo di un controllo comune delle frontiere. «Dobbiamo avere il controllo del nostro territorio, non siamo per le porte aperte a tutti - ha osservato - gli illegali devono essere rimpatriati». A suo avviso, a differenza di quanto si pensa, l'integrazione sociale degli immigrati in Europa negli ultimi 20-30 anni «è stato un successo. Chi vede invece questa come un problema ha difficoltà a vedere che le società sono cambiate». Per De Almedia «le classi politiche devono fare più pedagogia per migliorare l'integrazione degli immigrati, ma le popolazioni immigrate devono rispettare i nostri valori fondamentali». Le competenze sulla politica di integrazione, nell'ambito della Costituzione europea, «non può essere decisa a Bruxelles. Devono rimanere competenze nazionali o addirittura regionali e locali». Il rappresentante della Commissione ha, fra l'altro, rilevato che «l'immigrazione non è nè una panacea nè un problema, ma una realtà che va gestita». Si è detto contrario alle politiche di contrasto dell'immigrazione («non è solo disumana, ma contraria ai nostri interessi») e ha sottolineato che non c'è alcun legame fra disoccupazione e immigrazione («non fa nè alzare nè abbassare i salari. Ma non è certamente negativa»). «L'Italia - ha aggiunto - accetta l'immigrazione legale con meno tabù di quanto accada in altri Paesi europei. L'Italia ha sempre avuto un atteggiamento lodevole in tal senso. Siamo però preoccupati su alcuni strumenti» che attualmente mancano, come la direttiva sull'asilo politico. «Siamo inoltre d'accordo - ha proseguito - sull'idea del governo italiano di contrattare le quote legali di immigrazione in cambio di accordi di riammissione con i Paesi terzi interessati». Ma non è tutto. Alla conferenza il sociologo Ilvo Diamanti ha reso noto il risultato di un sondaggio, dal quale risulta che nell'Unione l'immigrazione è vissuta con preoccupazione crescente (+6% negli ultimi due anni) e per il 33% degli europei rappresenta una minaccia. La novità degli ultimi tempi è che, a temerla di più, sono le persone senza alcun orientamento politico. A creare più paure sono gli immigrati provenienti dai Paesi dei Balcani e da quelli arabi. Da alcune indagini in materia, svolte dalla Fondazione Nord-Est (dati al 2002) nei 15 Paesi europei e, in particolare, in cinque già aderenti all'Unione (Spagna, Francia, Gran Bretagna, Italia, Germania) e in tre per i quali è previsto l'allargamento (Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia) per la prima volta è stato rilevato una sorta di allineamento fra gli Stati sulla paura dell'immigrazione, che sta quindi «definendo» l'Europa: i Paesi, come l'Italia, che prima avevano indici più alti di timori ora stanno rientrando nella media; chi invece, come Francia e Spagna, li aveva inferiori ha registrato una crescita più alta. Nel 2000 ad avere paura degli immigrati era il 27% degli europei, percentuale salita al 30% nel 2001 e al 33% nel 2002. I primi dati di quest'anno rilevano una stabilità. In particolare, l'81% degli europei dei 15 Paesi considera la lotta all'immigrazione illegale una priorità. Cosa temono gli europei? Per il 36% (era il 28% nel 2000) l'immigrazione è una minaccia alla sicurezza (dato particolarmente alto in Italia e in Francia); per il 35% all'occupazione (anche questo 8 punti percentuale in meno due anni prima; paura rilevata per lo più in Germania); per il 28% alle identità culturali e religiose (questo timore è sentito in modo e

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