I nodi irrisolti e i mugugni dei Paesi piccoli. Frattini: «Chi blocca i lavori pagherà le conseguenze»
Sono infatti queste le previsioni con cui si alza il sipario sulla Conferenza intergovernativa (Cig), sotto la presidenza italiana, che apre l'ultimo, teso, negoziato per dare all'Ue una Costituzione comune. L'inizio dei lavori sarà preceduto da un vertice tra Berlusconi, Fini e Frattini. I capi di Stato e di governo dovranno oggi cercare una soluzione ai nodi irrisolti (presidenza, maggioranza, commissione), fra i mugugni dei piccoli Paesi che chiedono di contare di più, i sorrisi di Silvio Berlusconi, che presiederà il vertice, le punzecchiate del cancelliere tedesco, Gerhard Schroeder, che avverte del rischio di un fallimento, e la battaglia annunciata dagli spagnoli sul sistema di voto. Sullo sfondo si sentirà anche il borbottio delle divergenze fra il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, e Valery Giscard d'Estaing, che guida la Convenzione Ue. Sul tavolo delle 28 delegazioni (i Paesi già membri dell'Ue, i nuovi, i tre in lista d'attesa, oltre a Prodi) c'è la bozza elaborata dalla Convenzione, frutto di uno spigoloso compromesso fra tutte le sue componenti. La sfida che la presidenza italiana dell'Ue ha raccolto è arrivare a un accordo politico sulla Costituzione entro dicembre, quando finirà il turno di presidenza italiana dell'Unione, senza alterare gli equilibri della bozza. Ma alcuni Paesi messi in minoranza nella Costituente di Giscard vedono nella Conferenza intergovernativa l'occasione per riaprire una partita che i sei Paesi fondatori (Italia, Germania, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo) vorrebbero invece chiusa con il testo della Convenzione. Fra le numerose innovazioni istituzionali della bozza (super-presidente del Consiglio europeo, ministro degli Esteri Ue, Commissione compatta, regole di voto più trasparenti con la doppia maggioranza, riduzione dei settori con l'unanimità, impulso all'eurodifesa) due soprattutto provocheranno tensioni e forse lacerazioni: la doppia maggioranza, che rifiutano Madrid e Varsavia, e la Commissione compatta (con soli 15 commissari «pesanti», con diritto di voto), proposta da Giscard per dare all'esecutivo Ue una struttura da vero euro-governo e criticata da Prodi e dai Paesi piccoli. Alla vigilia dell'inizio del summit Finlandia, Austria, Ungheria, Repubblica ceca, Slovenia, Lituania e Malta hanno inviato a Berlusconi una lettera-appello, nella quale vengono contestate la progettata attribuzione dei seggi nel Parlamento europeo e l'ipotesi di ridurre i commissari. Irrisolta anche la questione della presidenza, finora assunta a rotazione dal capo di Stato o di governo di uno dei Quindici. Ma che cosa succederà con l'allargamento a 25 (il 1° maggio del 2004)? I piccoli e i nuovi Paesi membri bocciano il progetto di creare un presidente in carica per due anni e mezzo, che li penalizzerebbe. Un'altra questione irrisolta resta quella dell'origini giudaico-cristiane dell'Europa che l'Italia vorrebbe inserire nel preambolo della Costituzione mentre Francia e Germania si oppongono. L'argomento continua ad essere seguito con grande attenzione dal Vaticano. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, avverte chi arriva a Roma con progetti bellicosi: «Ogni Paese ha il diritto di bloccare la Costituzione, ma deve assumersene la responsabilità. Vorremmo chiudere a dicembre con qualità». È sicuro dell'esito positivo, il vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini: «Nella Cig occorre l'unanimità. Non siamo disposti ad aprire una lista con le proposte di modifica, altrimenti non si finisce più». Al di là delle divergenze, non si può ignorare che, mezzo secolo dopo, la storia della costruzione europea ripassa oggi da Roma. Nel 1957 dalle stanze del Campidoglio i sei Paesi fondatori diedero il via alla storia dell'avventura comunitaria. Nei palazzi neoclassici dell'Eur sarà lanciata oggi la sfida dell'Europa a 25, un enorme puzzle che dovrebbe trarre la propria forza dalle diversità.