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STORACE non ci sta.

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Viene eletto unitariamente il nuovo capogruppo alla Camera, Gianfranco Anedda, dopo che il leader Fini fa ritirare il suo candidato, Mario Landolfi, che esplode e lancia un «movimento anticorrenti». Poi tutti a mediare, a cominciare dall'alleato numero uno del governatore laziale, Gianni Alemanno. Potrebbe riassumersi così la giornata di An, che vive nuove tensioni. Anzitutto il caso Storace. Il presidente del Lazio e leader di Destra sociale spiega in un lettera al leader di An le ragioni del gesto: «Ti prego di accogliere - si legge - le mie dimissioni dall'esecutivo politico del partito dove rischieremmo di doverci impegnare a fondo nel discutere cose su cui mi sembra la pensiamo in maniera assolutamente opposta. Prendila - conclude - come l'ennesimo gesto di affetto e di amicizia nei tuoi confronti». Aggiunge più tardi: «Non vado ad assumere una iniziativa di opposizione a Fini, io voglio stare nel mio cantuccio regionale, faccio il presidente della Regione finchè il grande oligarca ce lo consente», riferendosi a Berlusconi. Parole che non arrivano a caso, visto che per tutto il giorno circolano voci (non confermate) secondo cui il premier sarebbe molto irritato con Storace che individuerebbe come l'orchestratore dei franchi tiratori sul ddl Gasparri e avrebbe minacciato di non ricandidarlo alla guida della Regione Lazio nel 2005. Fini come sempre minimizza: «Con Francesco c'è un rapporto di antica amicizia e non c'è alcun problema». L'altro leader di Destra sociale, il ministro Alemanno, non si accoda ma sottolinea che l'unità del partito dipende «dalla risposta alle motivazioni che hanno portato Storace alle dimissioni dall'esecutivo». «Bisogna comprendere e recuperare», chiede Alemanno. La sua corrente aveva chiesto la carica di capogruppo, ma Fini aveva risposto picche. Preferendo la proposta di Destra protagonista (Gasparri-La Russa) che aveva candidato Anedda, uomo vicino all'altra corrente, Nuova Alleanza di Urso e Matteoli (che così si ritrova tutti i capigruppo), creando qualche scompiglio nel correntone appena nato. Il vicepremier fa ritirare la sua prima scelta, il portavoce Mario Landolfi che forse nell'urna avrebbe potuto ottenere più voti di Anedda ma, paradossalmente, non l'unanimità. E Landolfi interviene nella riunione del gruppo e attacca a testa bassa in un discorso forse concordato nei contenuti con lo stesso leader della destra: «Siamo un partito senza regole in mano alle correnti che non hanno senso. Lo avevano quando avevano candidati contrapposti e alternativi, come ai tempi di Almirante e Rauti. Ma oggi non servono a nulla se truti si dicono finiani. servono solo per la difesa di poteri locali. Siamo un partito diviso ma sugli interessi personali». Piovono applausi, è un gesto liberatorio. Fini si tiene distante dalla disputa ma attacca i suoi come se fossero scolari indisciplinati: «Esistono problemi ben più importanti che le beghe di partito. Ho letto dichiarazioni di voi che non posso non definire infantili». E poi, riferendosi ai rapporti con la Lega: «I problemi di unas parte del partito sono di tutti». Scolari indisciplinati e che diventano disciplinatissimi quando Fini chiede un gesto chiaro che faccia apparire unita all'estero: il voto per Anedda. Ed è unanimità F. D. O.

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