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Ddl Gasparri, ecco i primi nove «indagati»

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Passa alla Camera la legge sulle tv, ma il governo è stato battuto un'altra volta e per un voto

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Sono quelli che non hanno partecipato soltanto alla votazione in cui il governo è stato battuto alla Camera due giorni fa sul Ddl Gasparri. Li hanno scovati i tecnici della Casa delle Libertà che stanno preparando un'inchiesta interna che finirà sul tavolo del premier Silvio Berlusconi, il quale vuole sapere tutto su quanto è accaduto ed è molto amareggiato: «L'opposizione può rivendere un episodio come una vittoria». E mentre s'indaga sul voto di mercoledì, il governo è andato di nuovo sotto con 36 franchi tiratori (esponenti della Cdl che hanno votato con l'Ulivo), anche se soltanto di un voto (due giorni fa erano stati sei); stavolta c'è anche un «reo confesso». Si tratta di Roberto Tortoli, di Forza Italia: «Ho sbagliato a votare», dice. E così, tra un passo falso e l'altro, il ddl Gasparri ottiene il via libera dalla Camera. Esulta il ministro delle Comunicazioni: «Il dato largamente positivo - dice - è che questa legge di riforma di un settore così importante è stata approvata al 99% in maniera conforme al testo del Senato: la riforma c'è. Fibrillazioni sono fisiologiche in materie del genere. Quello che conta è il risultato finale. È stata superata una tappa fondamentale. Conta il tipo di percorso». «Il voto finale - prosegue Gasparri - ha segnato un risultato molto chiaro su presenza e compattezza della maggioranza. Avevamo sempre detto che sarebbe stato un percorso impegnativo. Non è concluso definitivamente. Ma la tappa di oggi è molto importante». La caccia ai franchi tiratori tuttavia è solo all'inizio. Sarà quasi impossibile trovarli, visto che il voto è stato segreto. È possibile però sapere quali erano gli assenti. E non c'erano proprio sulla votazione di mercoledì nove esponenti della Cdl: il ministro di An Alemanno (che dirà: «Ero a bere un bicchiere d'acqua») e il suo fedelissimo Cirielli, uno degli uomini più vicini a Gasparri, Butti (anche lui di An), il ministro Buttiglione e una pattuglia di Udc con D'Angrò, Mazzoni e Romano. Un solo leghista: Molgora. E un altro ministro, ma di Forza Italia, Stefania Prestigiacomo che proprio dei minori ne ha fatto una bandiera personale. Ci sono poi molti esponenti della maggioranza che non stavano partecipando alle votazioni sul ddl, ma si sono presentati alla Camera dopo che il governo era andato sotto. Innanzitutto tre ministri (Frattini e Martino di Fi e il leghista Maroni, quest'ultimo ha dichiarato di essere in missione subito dopo). Ci sono poi i sottosegretari Bono (An) e Vietti (Udc) e i presidenti di commissione Giorgetti (Lega) e La Malfa (Pri). Tra i deputati senza incarichi figurano Cola, Macertani e Rositani (An) e Cozzi (Udc). Poi ci sono quelli che non hanno partecipato a nessuna votazione: il viceministro Tassone (Udc), Sgarbi e Sterpa (Fi) e una persona molto vicina a Fini: La Morte. Nella maggioranza, ovviamente, tutti respingono le accuse. Lega e Udc, in disaccordo su tutto, sono uniti nel dare addosso ad An. Luca Volontè, capogruppo centrista, afferma: «Chi sono i franchi tiratori? Basta che leggiate i giornali per rendervene conto ci sono dei deputati di An infatti che hanno ammesso pubblicamente di aver votato a favore dell'emendamento dell'opposizione. Quindi andate a vedere lì cosa succede. L'Udc in questa storia non c'entra per nulla». Il capogruppo leghista Alessandro Cè, aggiunge: «Un gruppo di persone all'interno della maggioranza ha voluto lanciare dei messaggi forti al premier per questioni di poltrone. Sicuramente non sono della Lega perché noi facciamo battaglie a viso aperto. Qualcuno di An, tra un voto segreto e l'altro, si è dimenticato di un voto palese ed è stato individuato». Il coordinatore di An Ignazio La Russa respinge le accuse.

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