«Pubblicità senza bimbi? Un danno enorme»

L'emendamento di Rifondazione Comunista approvato alla Camera vieta infatti l'utilizzazione di minori di 14 anni negli spot. Addio quindi, pubblicità su pannolini, giocattoli, carrozzine, passeggini e pappe per neonati. Per non parlare della cosiddetta famiglia del Mulino Bianco, che potrà, d'ora in poi, avere solo figli che superano i quattordici anni. Insomma, quei bei puponi da spot che magari contribuiscono a incrementare lo sviluppo demografico, spariranno dal video inesorabilmente. Se l'emendamento-farsa verrà approvato anche in Senato. Ieri la notizia ha scatenato la reazione dei pubblicitari. Primo e più sconcertato è il presidente dell'Upa Giulio Malgara che trova «pazzesco» l'emendamento. «Togliere i bambini da zero a 14 anni dalla pubblicità vuol dire ammazzare il settore che li riguarda. Il danno industriale sarebbe enorme, dobbiamo intervenire subito. Anche perché in Europa non esistono situazioni analoghe. Di tutto ciò, soprattutto non si capisce lo scopo». Il direttore di Assocomunicazione Fidelio Pertinelli trova il fatto «davvero stravagante. Anche perché il mondo della pubblicità ha già le sue regole in materia di bambini e sono rigorose. Come faremo a rappresentare le famiglie? - si chiede - Vogliamo far indossare i pannolini ai nonni? E se poi il provvedimento diventasse retroattivo? Il sospetto è che sia tutto strumentale. Solo una mossa per rimandare la legge Gasparri al Senato». «A quando il divieto di utilizzare negli spot le donne con i capelli rossi?» si chiedono, ironicamente, i pubblicitari. Una «strumentalizzazione assurda», sottolinea Marco Mignani, direttore creativo di Euro RSCG MCM, che crea le campagne per Telefono Azzurro. «Allora presto dovremo vedere film e fiction fatte solo da adulti», dice Saro Trovato, presidente di Meta comunicazione. Alberto Contri, presidente di Pubblicità Progresso, sottolinea che «anche gli spot sociali sui bimbi del Terzo Mondo non si potranno più fare. Il problema non è toglierli dagli spot, ma salvaguardare la dignità della persona». Dello stesso parere Felice Lioy, sempre dell'Upa: «Impedire ai bambini di essere protagonisti degli spot vuol dire impedirgli di venire in contatto con una situazione positiva». Alcuni parlamentari, sostiene Felice Lioy, «hanno votato a favore della legge in senso demagogico, anche per disinformazione, infatti non sanno che i bambini sono seguiti e controllati». Se poi, conclude Lioy, «un'intera legge cade su questo è ancora più grottesco, fosse caduta su punti più importanti e di grande portata allora sarebbe stato certamente più comprensibile». Giu.Cer.