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AN insiste e pone l'aut-aut: «Basta insulti o esperienza di governo finita».

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E il Carroccio rilancia: «Ora Bossi chieda la verifica di maggioranza». È sempre alta la tensione dentro la Casa delle Libertà. Che il ministro Maurizio Gasparri (An) riassume così: «Credo che la maggioranza debba decidere se marciare coesa senza insulti e senza divisioni e proseguire con la responsabilità di governo al servizio della nazione o se i particolarismi, le frizioni, gli insulti debbano portare a un epilogo di questa esperienza di governo». E aggiunge: «Non si può proseguire con una tensione continua, quotidiana - dice il titolare del dicastero delle Comunicazioni - bisogna decidere se andare avanti con impegno e concordia, ognuno con le sue sensibilità, ma senza mai travalicare alcuni confini o se dichiarare questa esperienza conclusa». «Queste sono infatti le due alternative: la seconda rappresenterebbe un fallimento, ma del resto la ragione dei numeri è un dato oggettivo. E quindi se uno ha i numeri decisivi può intendere questo come un motivo per dire qualsiasi cosa gli passi per la testa. Però allora ciascuno ha i numeri decisivi, e quindi ciascuna forza, anche An, potrebbe dire: siccome senza di noi non c'è la maggioranza, diciamo qualsiasi cosa ci passa per la testa. Non può essere questo il metodo e se questo metodo si dovesse affermare è chiaro che le conseguenze sarebbero inevitabili». Cerca di mediare un altro ministro, Giuliano Urbani (Forza Italia) che spiega: «Con la Lega abbiamo fatto un accordo non solo per vincere e governare, ma anche per mettere mano al federalismo e per riparare agli errori commessi dal centrosinistra nell'approvare da solo quella irresponsabile riforma del Titolo V della Costituzione». «A corteggiare e a conquistare la Lega ci abbiamo provato tanto noi quanto Massimo D'Alema - spiega Urbani rivolgendosi al presidente Ds, che gli siede accanto - ed alla fine Bossi scelse noi sul federalismo». «Bossi chieda una verifica immediata di governo», replica Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato e coordinatore delle segreterie nazionale della Lega «dopo le comico-farneticanti dichiarazioni di alcuni dei cosidetti alleati che fra l'altro sono quelli che hanno fermato la devoluzione con la scusa dell'interesse nazionale, e il federalismo con la cosidetta proposta La Loggia che di notte riportava al centro le competenze date di giorno alle regioni».

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