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La Commissione vola a Belgrado

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Infatti cinque di loro partiranno mercoledì alla volta di Belgrado dove svolgeranno una serie di interrogatori. Le persone che saraqnno audite al momento non sono ancora note, ma di certo i profili dei personaggi sono stati oggetto di un colloquio avuto nei giorni scorsi tra il presidente della commissione Enzo Trantino e l'ambasciatore italiano a Belgrado Giovanni Caracciolo di Vietri (area Ulivo, nominato in Serbia da Dini il 23 febbraio del 2000). I commissari partiranno mercoledì sera e torneranno a Roma venerdì. Riprenderanno il volo alla volta di Belgrado domenica sera e resteranno nella capitale serba per quasi tutta la settimana. Proprio dopodomani tuttavia la commissione avrà altre nuove audizioni a Palazzo San Macuto e tutte di notevole importanza. Le prime sono quelle del maresciallo Giuseppe Quaresima, il primo che ha indagato sulle dichiarazioni di Marini, e del maresciallo Francesco Rocco. Poi toccherà Erik Watten, tirato in ballo proprio dal supertestimone in un interrogatorio (era in rapporti con Pintus e dunque, stando alla versione di Marini, con Donatella Dini). Sul fronte dell'inchiesta i risultati della rogatoria svolta dalla Procura di Torino nel Principato di Monaco hanno accertato che i 120 milioni di dollari che Igor Marini dice siano stati versati ai politici come una parte della tangente per Telekom Serbia non esistevano, o quanto meno non potevano essere spostati subito da un conto corrente all'altro: si tratta di fondi virtuali che potrebbero anche essere stati creati - è un'ipotesi di lavoro - con una truffa informatica attraverso la manipolazione dei computer di una banca. Sulla vicenda intanto ha ironizzato l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Ospite della trasmissione radiofonica «L'indignato speciale» ha detto: ««Credo che si tratti di un pessimo affare. Sono convinto che si sono fatti tutti fregare da Milosevic. È per questo che ho anche detto di sospendere le commissioni di inchiesta, perché? in questo modo avveleniamo il clima e le elezioni diventeranno la disfida di Barletta». E ancora: «Per carità di patria sono pronto a sostenere che sia stato solo un pessimo affare, anche se non fosse vero. L'alternativa è affermare che il Capo del Governo dell'epoca, il ministro del Tesoro di allora, che non cito, il direttore generale del ministero del Tesoro non c'avessero capito nulla». Il segretario dei Ds Piero Fassino, inoltre, è tornato a ripetere: «Non ci faremo intimidire», senza entrare nel merito delle vicende.

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