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Il premier chiede a Fassino 15 milioni di risarcimento

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Il premier aveva minacciato di portare in tribunale il segretario diessino, molto irritato dal suo discorso alla Festa dell'Unità di Bologna del 30 agosto, e ieri ha dato corso alla querela per diffamazione. «Il burattinaio di Igor Marini è a palazzo Chigi e dovrà rispondere anche lui. Igor Marini deve andare davanti ai magistrati a spiegare chi lo ha mandato, chi gli guida le imbeccate e chi gli dice i nomi da fare», aveva detto il leader dei Ds, denunciando anche la «campagna vergognosa de Il Giornale, di cui è proprietario il fratello del presidente del consiglio. Secondo la denuncia penale presentata alla procura di Bologna dagli avvocati di Berlusconi Niccolò Ghedini e Filippo Dinacci, le «gravissime affermazioni» di Fassino non rientrano nel diritto di critica politica legate alla sua funzione di parlamentare ma sono gravi, diffamatorie e false. Il segretario ds ha già fatto sapere che rinuncia all'immunità parlamentare, e si augura che lo stesso faccia Berlusconi. «Noi abbiamo piena fiducia nella magistratura», ha detto il portavoce di Fassino Roberto Cuillo. «Risponderemo in sede giudiziaria con i nostri argomenti che riteniamo confermati dalle cronache politiche di questi giorni. Naturalmente chiederemo analoga cifra a Il Giornale per la campagna che da mesi svolge contro il segretario dei Ds». Infine il sindaco di Roma, Veltroni, ha denunciato Marini per calunnia e diffamazione e Rutelli lo ha citato in sede civile per diffamazione e calunnia. Per il centrodestra Berlusconi ha fatto bene a querelare Fassino. «Ho il timore - osserva il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, - che questo per Fassino sarà il burattino più costoso del mondo, sempre che la vicenda non cada in mano ad una toga amica...». Ma per Willer Bordon, della Margherita, «Berlusconi ha un'idea dell'Italia a testa in giù, dove le guardie sono inseguite dai ladri e i calunniatori chiedono i risarcimenti danni». Sul caso Telekom Serbia, ribadisce il capogruppo della Margherita Pierluigi Castagnetti, «non c'è proprio niente, anzi c'è una regia politica che impone di tenere aperto il caso oltre il limite del pudore».

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