A Prodi piaceva anche Telekom Croazia
Il giorno decisivo per la formalizzazione dell'intesa Prodi infatti si trovava in Croazia. Dove probabilmente tentava di verificare la possibilità di un accordo telefonico alternativo. Quei tre giorni fra il 14 e il 16 gennaio 1997 sembrerebbero, rivisti ora, un film straordinario dell'avventura balcanica tentata dal governo dell'Ulivo. La stessa mattina a Belgrado erano atterrati due aerei provenienti da Roma. Uno trasportava il sottosegretario agli Esteri italiano, Piero Fassino, in visita ufficiale per incontrare il ministro degli esteri serbo, Milutinovic. Il secondo, un aereo privato, aveva a bordo l'allora direttore generale di Telecom Italia, Tomaso Tommasi di Vignano, che nove giorni dopo sarebbe diventato il nuovo amministratore delegato della Stet destinata a fondersi con Telecom Italia e ad essere privatizzata. Tommasi di Vignano era atteso dal presidente serbo, Milosevic, dallo stesso Milutinovic e da alti papaveri del regime proprio per mettere a punto l'affaire Telekom Serbia. Per questo il povero Fassino fu costretto a una lunga ed umiliante anticamera insieme all'allora ambasciatore italiano a Belgrado, Francesco Bascone. Un'attesa resa ancora più snervante dal breve capolino fatto da Milutinovic, per dire: «di cosa dobbiamo parlare con voi? Perchè, sapete, ho fretta. Le questioni importanti le stiamo trattando di là con il signor Tommasi...». In quello stesso momento da Roma stava levandosi in volo un aereo di Stato. Con destinazione Zagabria. A bordo il presidente del Consiglio, Prodi. E, a sorpresa, anche l'amministratore delegato della Stet in carica, Ernesto Pascale. Obiettivo: mettere a punto in Croazia qualche buon affare telefonico, che Prodi appoggiava come premier italiano in carica. Non c'è scandalo. Non fosse che ancora oggi Prodi sostiene di essersi sempre disinteressato delle acquisizioni estere di società pubbliche. Anzi, di non esserne mai stato informato. Nel '97 però fu lo stesso Prodi attraverso un comunicato stampa a fornire i particolari di quel viaggio di affari nei Balcani. Un episodio chiave in una settimana molto delicata per i rapporti fra Prodi e la telefonia italiana. Perchè proprio mentre l'allora presidente del Consiglio di trovava a Zagabria, lo raggiunse la notizia di un tradimento: quello di Fausto Bertinotti. Che aveva bocciato il decreto per la privatizzazione della Stet. Allarme rosso. Tanto che il ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi, fu costretto a precipitarsi a Bruxelles tranquilizzando la commissione europea sui programmi di privatizzazione italiani. Tre giorni chiave che ora dovranno essere ricostruiti in ogni dettaglio dalla commissione parlamentare di inchiesta. Anche perchè quegli avvenimenti stridono con la ricostruzione ufficiale dei fatti compilata (copiando un articolo dell'ex presidente Consob Luigi Spaventa sul Corriere della Sera) dallo stesso Prodi con un lungo comunicato. Cinque paginette grazie a cui il fondatore dell'Ulivo si è detto convinto di avere ristabilito la verità: «Ho deciso», ha spiegato Prodi, «di rendere pubblica la mia ricostruzione dei fatti perchè la verità un giorno o l'altro deve venire fuori. Credo che questo ponga fine a tante polemiche, con serenità, senza aggressioni, ma con il senso che la giustizia deve prevalere».