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Pera: «Più riforme e meno antropologia»

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Basta con i doppi incarichi fra governo e partito. Insieme si vince e si governa

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L'inizio del discorso del presidente del Senato, Marcello Pera, al conclave di Forza Italia a Gubbio, fa immediatamente azzittire la platea. Pera non è muto. Pronuncia uno dei suoi discorsi politicamente più forti, senza fare nomi, ma con parole così chiare da far immediatamente capire di chi si parla: Berlusconi, Casini, Prodi. Il presidente del Senato bacchetta il premier per la sua uscita sui giudici «antropologicamente diversi». Elenca le riforme indispensabili, fra cui quella dell'ordinamento giudiziario, per concludere tra gli applausi: «Credo che sarebbe più opportuno impegnarci sulle riforme delle parti del sistema inadeguate che pensare all'antropologia degli individui». Pera va quindi avanti nella sua analisi politica a 360 gradi: dal partito all'Europa, dalla modifica urgente delle pensioni a quella necessaria della Costituzione. E spiega che essere super partes «non significa essere muto, ma neppure sibillino o allusivo o obliquo». Il riferimento è lampante: Pier Ferdinando Casini. Pera non nomina neppure il presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, quando invita ad un maggior realismo sulla bozza della nuova Costituzione europea, che «è già un miracolo». «C'è da chiedersi - è la domanda retorica del presidente - chi sia il vero europeista: se colui che guarda in faccia i fatti, esamina il progetto di trattato, confida nelle sue clausole evolutive e si adopera affinchè la prossima Conferenza intergovernativa si chiuda presto con un accordo, oppure colui che continua a chiedere di più, ben sapendo che molto di più non si può ottenere e che il solo chiederlo rischia di creare diffidenze e divisioni». Quindi tocca all'opposizione. Pera mette in chiaro che sulle riforme «è bene procedere con ampie intese, è fondamentale che si discuta con spirito di apertura, ma è opportuno richiamare un limite: nessuno può pretendere un diritto di veto. Meglio a maggioranza per fare qualcosa». Poi il presidente del Senato si consente «un richiamo all'etica politica» che suona come un requiem per ogni ipotesi di elezioni anticipate, governi tecnici, ribaltoni. «Si vince e si governa insieme. Questa è l'etica della democrazia». Insomma, per Pera, «di fronte a nessuna difficoltà, a nessun sottoscrittore del patto elettorale può essere concessa anche solo la tentazione di agire diversamente». Infine, Pera si toglie dalle scarpe qualche sassolino sul partito: basta - dice - con i duplici e triplici incarichi tra governo, collegio e partito. Sono eccessivi e «insidiosi, perché quando si hanno più incarichi si può essere portati a svolgere l'uno in funzione dell'altro». Il richiamo di Pera è stato apprezzato dal vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini. «Sono d'accordo con il presidente Pera» ha commentato Fini. Per il ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, «il caso è sicuramente chiuso». Resta invece ancora aperto per l'opposizione. La precisazione di Berlusconi sui magistrati, ha affermato il responsabile economico della Margherita, Enrico Letta, «non mi è sembrata una grande marcia indietro», piuttosto «una velata minaccia al presidente della Repubblica». Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Edmondo Bruti Liberati, intanto, ha accolto l'invito del presidente della Camera, Casini, a prendere atto della presenze di «mele marce» all'interno della magistratura. «Le mele marce esistono - ha affermato - occorrono maggiori interventi disciplinari e l'accertamento della professionalità». L'attacco di Berlusconi contro i magistrati ha provocato anche una reazione polemica da parte di Maria Falcone, sorella del magistato ucciso dalla mafia. Per protesta, a nome della «Fondazione Giovanni e Francesca Falcone», ha respinto l'iniziativa del governo di realizzare una stele commemorativa della strage di Capaci.

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