Crepe nell'Ulivo, Dini ammette: «Vero, fu un'operazione inusuale»
L'operazione fatta da Telecom-Stet «appare condotta in modo inusuale», confessa Lamberto Dini, ministro degli Esteri all'epoca del caso. «Se il Governo - spiega Dini - doveva essere informato delle trattative su Telekom-Serbia, come qualcuno dice, il Governo è stato ingannato perché la società (Telecom-Stet, ndr) non l'ha fatto». Anomala per Dini anche «la decisione d'inserirla all'ordine del giorno del consiglio di Stet alla voce "varie ed eventuali". Il management deve spiegare perché lo ha fatto. Ecco perché è importante che venga sentito». «È di lì - sottolinea Dini - che si deve partire per ricostruire la storia vera dell'entrata in Telekom-Serbia. Da mesi mi aspetto che la commissione parlamentare lo faccia. E invece niente». «Hanno preferito - dice ancora l'ex ministro - dare spazio a personaggi squalificati come Marini invece di sentire l'ex amministratore delegato di Telecom-Stet, Tomaso Tommasi di Vignano, e gli altri dirigenti che hanno seguito le trattative». L'allora numero uno della Farnesina ha anche affermato che dell'affare sapeva Fassino, non lui: «Il motivo per il quale Fassino sapeva e io no - sono state le sue parole - sta nel fatto che che ne aveva ricevuto notizia dall'ambasciatore a Belgrado. Noi non ne avevamo parlato». «Alla fine il cerino resterà nelle mani di Prodi. Prodi non poteva non sapere» replica il presidente dei senatori azzurri, Renato Schifani, secondo il quale «comincia a crollare il castello "omertoso" dei grandi silenzi dei governanti dell'epoca sulla vicenda». «Dini scarica Fassino e si tira fuori - denuncia Schifani - sostenendo che Fassino sapeva e lui no. Fassino viene poi smentito dall'ambasciatore americano dell'epoca pronto a sostenere che gli Stati Uniti non hanno condiviso l'operazione ma l'hanno anzi contestata». E Schifani enuncia il suo teorema: «Le verità vengono a galla e sono verità imbarazzanti che costringeranno giorno dopo giorno i pezzi del centro sinistra che governava a sfilarsi, per evitare di essere travolti dallo scandalo, finché il cerino resterà nelle mani di Prodi». «Prodi non poteva non sapere - conclude il presidente degli azzurri - da questa sinistra non accettiamo lezioni di moralità: è buona ad infangare ma poi si chiude a riccio quando viene travolta dagli scandali assumendo atteggiamenti omertosi».