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Partito unico, la Margherita perde petali

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E se Ciriaco De Mita apre la breccia, gli altri lo seguono a ruota. Parla subito Nicola Mancino che boccia l'ipotesi di creare un partito riformista, aggiungendo di essere pronto, come l'ex segretario Dc, a «mettersi in proprio» se ciò dovesse accadere. Una situazione nella quale si trova a vivere una «vasta area di malcontento». «Immaginare di mettere insieme schegge di un partito e di un altro per fare la "cosa 3" di D'Alema - spiega Mancino - significa avere la testa tra le nuvole. Dico a D'Alema e Prodi: è facile dividere, difficile è unire. La loro mi sembra più politologia che politica. A questo punto la risposta non può che essere: se farete il partito unico, il nostro "mettersi in proprio" finisce per essere una necessità». L'ex presidente del Senato replica poi a Romano Prodi: «Il vino nuovo, di buona qualità, può stare anche in otri vecchi. L'importante è che gli otri vecchi non siano marciti in disfacimento». «Con De Mita abbiamo posizioni convergenti», aggiunge Gerardo Bianco. Che aggiunge: «Capisco perfettamente la sua posizione. Era nell'aria e corrisponde perfettamente alla posizione che io ho assunto nell'ultimo congresso del Ppi, quando il partito era stato congelato e poi si è perduto nei meandri della politica confusa della Margherita». «Vedremo - ha concluso - a livello di organizzazione cosa fare intanto chiediamo subito a Marini e Castagnetti di sciogliere il nodo dell' associazione». Cerca di mediare Pierluigi Castagnetti: «La federazione dei partiti dell'Ulivo è una pista di lavoro interessante e può servire a superare le obiettive difficoltà che ci sono».

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