La Comunità internazionale: sanzioni ed embargo contro Milosevic. Che l'Ulivo finanziò
E le aziende furono sollecitate a investire: imprese tedesche, americane, italiane, francesi e inglesi». Così il segretario dei Ds Piero Fassino ha ricostruito la storia dell'operazione Telekom Serbia nel 1997 in un'intervista al Corriere della Sera. Ma fu così? È vero che il mondo era d'accordo con gli investimenti in Serbia? Macché, fu esattamente il contrario. Proprio mentre l'italiana Stet comprava TS, la comunità internazionale arrivava a minacciare sanzioni di ogni tipo contro il dittatore comunista Slobodan Milosevic. Tutto inizia il 17 novembre del '96, quando si svolgono le elezioni amministrative: vince l'opposizione democratica, il regime annulla il voto, Belgrado scende in piazza e il dittatore risponde con la repressione. Il mondo è scandalizzato. A dicembre arriva nella capitale balcanica Lamberto Dini proprio per chiedere il rispetto delle regole democratiche. Fassino si reca in Serbia il 15 gennaio '97. È un crescendo, arriva il rapporto Ocse scritto dal socialista Felipe Gonzales: è pesantissimo, chiede il rispetto dei diritti umani. La situazione si aggrava in Kosovo, si parla di massacri umani, scattano le reazioni delle forze speciali serbe in risposta agli atti di terrorismo dei kossovari (massacro di Drenica con 80 morti del 28 febbraio). Il Gruppo di Contatto (Usa, Gb, Francia, Germania, Russia e Italia) nella riunione di Londra del 9 marzo pone una sorta di ultimatum a Milosevic: entro 10 giorni le forze speciali devono lasciare il Kosovo. Il 17 marzo, il governo di Clinton si dichiara «preoccupato per la mancata attuazione del rapporto Gonzales la cui attuazione è ritenuta fondamentale per la democratizzazione della Serbia». Interviene l'Onu: il 31 marzo impone un nuovo embargo sulle armi a Milosevic con la risoluzione 1160. Il mondo inorridisce per il massacratore serbo l'Italia lo finanzia. Aprile e maggio è un'escalation. Il Gruppo di Contatto non può far finta di nulla. Osserva Paolo Quercia, esperto di questioni balcaniche: «I fallimentari negoziati per l'acqusito di Telekom serbia avvennero alla cupa ombra della pila degli 8000 cadeveri di Srebrenica. Basta ricordare la posizione del Gruppo di contatto nella Riunione di Roma del 29 aprile. In quell'incontro venne riconosciuto come Belgrado non aveva soddisfatto le necessarie condizioni poste dagli stessi paesi nei precedenti incontri del 9 e 25 marzo. I sei Paesi - sottolinea ancora Quercia - dichiararono che Belgrado era ancora lontana dalla riabilitazione internazionale e per raggiungerla era necessario dare integrale attuazione al Rapporto Gonzales. Se ciò non fosse avvenuto tutti i paesi (con l'eccezione della Russia) concordarono un nuovo congelamento dei fondi Jugoslavia e minacciarono una sospensione degli investimenti esteri se non si sarebbero registrati progressi nei successivi 10 giorni». «Una posizione del Gruppo di Contatto fu fatta propria - sottolinera ancora Quercia - nell'incontro dei Ministri degli Esteri e delle Finanze dei G8 dell'8 e 9 maggio a Londra: venne concordato di porre in atto il congelamento dei fondi jugoslavi all'estero decisone in precedenza e di fermare ogni nuovo investimento in Serbia». Il segretario di Stato Usa Madeleine Albright il 30 maggio avverte che manterrà il muro esterno delle sanzioni alla Serbia se non rispetterà gli accordi di pace di Dayton. Nove giorni dopo l'Italia dà 900 miliardi in contanti al dittatore.