«Soltanto noi e i greci aiutammo Milosevic»
L'ex ministro degli Esteri: «Gli americani si arrabbiarono molto, già a Podgorica nel '98 fu chiaro»
Prodi, Fassino e Dini la smettano di contraddirsi e dicano chiaramente come andarono le cose, perché la Stet comprò Telekom Serbia». Gianni De Michelis, a lungo ministro degli Esteri e oggi presidente dell'Ipalmo (Istituto di studi sul Medio Oriente), attacca i leader del governo dell'epoca. Ma premette: «A me interessa poco Igor Marini, il problema è di politica estera». E qual è il problema? «I leader dell'epoca, il premier Prodi, il ministro e il sottosegretario degli esteri, Dini e Fassino, hanno prima sostenuto di non sapere nulla dell'acquisto di Telekom Serbia. Ora dicono che invece sapevano ma non intervennero. Invece di continuare a contraddirsi tirino fuori tutto. E anche Trantino... Da due anni continua a fare domande sbagliate alle persone sbagliate». Quali domande dovrebbe fare? «Perché fu fatto quell'acquisto». I leader dell'Ulivo hanno però sostenuto che nei loro incontri a Belgrado non se ne parlò mai. «Impossibile. Ci fu un grande andirivieni in quel periodo. Se non avessero parlato di un affare di quella entità non avrebbero fatto bene il loro lavoro». Fassino sostiene che avvenne con l'avallo di Ue e Usa. Condivide? «Non mi risulta. Solo noi e i greci e i russi, aiutammo il dittatore. Fassino dice cose facilmente smentibili». E come, scusi? «Solo un'altra azienda italiana, la privata Duferco, intervenne in Serbia. Ma fu un accordo molto diverso. Del tipo: io ti dò il capitale e tu gli stabilimenti. Senza grande scambio di capitale. Quello di Stet fu singolare». In che senso singolare? «Ci fu un grande investimento e fu fuori dalla linea della comunità internazionale». I diretti interessati sostengono il contrario. Non condivide? «Macché. E allora per quale ragione l'ambasciatore italiano a Belgrado, Bascone, si allarmava? Se era un'operazione in linea con la politica della Comunità Internazionale, degli Usa, dell'Ue, dell'Italia, perché mandò 14 dispacci a Roma tutti dello stesso tono: "State attenti, così si finanzia Milosevic"?». Fassino insiste: c'era l'accordo di Clinton. Dini invece dice che lo scandalo è una vendetta della Cia. Chi ha ragione? «Non lo so, ma credo di più a Dini. Ricordo benissimo che già nel '98 e nel '99 a Podgorica, "capitale" del Montenegro, si diceva che gli americani erano molto arrabbiati». E chi lo diceva? «Djukanovic, il presidente. Ma era una cosa che sapevano tutti, era un fatto noto. Veda, il nervosismo di Prodi, Fassino e Dini non è per le dichiarazioni di Igor Marini». E per che cosa? «Per le parole di quel Giovanni Di Stefano». L'amico di Milosevic? «Evidentemente sa molte cose e anche precise». Insomma, lei crede che furono pagate tangenti? «Lo vedrà la magistratura. Però l'operazione Telekom Serbia non risponde ad una logica di politica estera, almeno non ufficiale. E non è nemmeno un'operazione commerciale valida. È chiaro che ci furono altri motivi per farla: vorrei saperlo». F. D. O.