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Fassino scoprì tutto a Belgrado, Prodi no Il 15 gennaio 1997 il viaggio chiave di Tommasi di Vignano, preparato in una riunione a palazzo Chigi

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Ma la vera svolta dell'inchiesta politica sull'affaraccio serbo, arriverà dal calendario delle nuove audizioni. Quelle di due ex manager del gruppo Stet: l'ex ad, Tommaso Tommasi di Vignano, e l'ex vicedirettore generale (poi passato a Wind), Giuseppe Gerarduzzi. Sono i due dirigenti che hanno di fatto tirato in prima persona le fila dell'accordo con Slobodan Milosevic fra il 1996 e il 1997. Ora, secondo fronti autorevoli, sono disposti a raccontare chi diede loro la necessaria copertura istituzionale. Secondo le prime anticipazioni che Il Tempo è in grado di fornire, ogni passaggio preliminare all'intesa fu discusso direttamente a palazzo Chigi alla fine del 1996, in una riunione a cui parteciparono oltre a Tommasi di Vignano, anche il presidente del Consiglio dell'epoca, Romano Prodi, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Enrico Micheli e alcuni dirigenti dello staff di presidenza. Con questo mandato Tommasi di Vignano si recò a Belgrado il 15 gennaio 1997 quasi con la certezza di chiudere ai massimi livelli un accordo che invece si sarebbe rivelato più complicato delle previsioni. A costringere tutti a rallentare i tempi tecnici fu un incidente diplomatico occorso quello stesso giorno. Quando a Belgrado il sottosegretario agli Esteri Piero Fassino fu costretto a fare una imbarazzante anticamera dal ministro degli esteri serbo, Milutinovic. Un episodio raccontato davanti alla commissione parlamentare dall'ex ambasciatore italiano a Belgrado, Francesco Bascone: «Il 15 gennaio Tommasi di Vignano fu a Belgrado, senza mettersi in contatto con noi, vide Milosevic, che era presidente della Serbia, Milutinovic che era ministro degli esteri della Federazione, e Marianovic, che era primo ministro. Stranamente questa visita coincise con la seconda visita del sottosegretario Fassino, che venne tenuto all'oscuro della cosa e ne fu informato con aria canzonatoria da Milutinovic, come a dire "le questioni importanti le stiamo trattando con il signor Tommasi, che abbiamo visto separatamente"». Fassino si irritò molto per quella battuta di Milutinovic e al suo ritorno volle vederci chiaro. Secondo la ricostruzione proprio questa irritazione Ds costrinse Tommasi a non chiudere una intesa che era già stata raggiunta al massimo livello. Tutti passaggi, certo politici, che ora dovranno essere chiariti dai teste-chiave della vicenda. La politica continua a litigare: «Si dimettano i responsabili dell'operazione Telekom-Serbia, magari anche solo responsabili per omessa vigilanza», ha chiesto il portavoce di Forza Italia Sandro Bondi. E Taormina ha detto che MArini, in un interrogatorio, ha fatto il nome di Ciampi. E l'Ulivo ha sparato a zero

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