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Chiesero il rispetto dei diritti umani e gli diedero miliardi

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Odio a parole a amore quando si fanno gli affari. Da un lato l'Italia chiede il rispetto di diritti umani davanti alla spaventosa ondata di repressione del presidente jugoslavo; dall'altro gli dà i soldi per sopravvivere e gli diventa socio a caro prezzo in Telekom Serbia. Altro che avallo di Clinton. Se il mondo condanna il massacratore Slobo, la colomba Dini corre da lui a Belgrado e dice che spera di «poter dare un contributo per la risoluzione della crisi». Piovono allarmi, gli Stati Uniti chiedono il rispetto delle regole democratiche (Clinton, 11 dicembre '96: «Milosevic, rispetta il voto, ascolta il popolo»), l'Ocse protesta perché il dittatore ha annullato le elezioni del 17 novembre vinte dall'opposizione e ha avviato la repressione della piazza. A Roma lo sanno bene e il 25 gennaio '97 «preoccupazione viene espressa alla Farnesina per il deterioramento della situazione a Belgrado e in altri centri della Federazione Jugoslava, teatro di scontri e di nuove manifestazioni di protesta». Il ministero degli Esteri ribadisce «la ferma aspettativa» dell'apertura di un processo democratico a Belgrado, insiste perché vengano rispettate le raccomandazioen del'Ocse e chiede che «le autorità serbe inaugurino prontamente la politica del dialogo con l'opposizione, per stabilire le regole della transizione democratica», ammettendo dunque l'esistenza di un regime. Regime con il quale ci va a letto. Mentre la comunità internazionale cerca di fermare quel che sta accandendo in Serbia, in gran silenzio vanno avanti e si concludono le operazioni di acquisto di Telekom Serbia. E pochi giorni dopo il 19 giugno 1997, Dini incontra a Roma il ministro degli Esteri serbo Milutinovic. Il responsabile della Farnesina rinnova «l'invito a un'attenta azione di vigilanza e monitoraggio delle attività della criminalità organizzata» e ribadisce che «l'Italia attribuisce particolare importanza al processo di democratizzazione e al miglioramento della situazione dei diritti umani e delle minoranze, in particolare in Kossovo, che sono state premesse anche per il miglioramento dei rapporti della Repubblica Federale Jugoslava con l'Unione Europea e la Comunità Internazionale». Nell'incontro Dini elenca anche molti punti degli accordi di Dayton del '95 «non ancora attuati», in particolare per la parte che riguarda la Bosnia. F. D. O.

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