Telekom Serbia, Milosevic pronto a parlare
O meglio parlerà. E racconterà quello che sa su Telekom Serbia. Non lo farà con i magistrati italiani, che già una volta hanno provato ad incontrarlo. Ma l'ex dittatore di Belgrado racconterà la sua versione dei fatti rispondendo ai magistrati serbi che indagano sul loro filone della vendita (dove sono finiti i soldi dati dagli italiani) della compagnia telefonica avvenuta nel '97. Il Procuratore del Tribunale penale internazionale Carla Del Ponte ha appena concesso il nulla osta richiesto dal ministro di Giustizia serbo Vladan Batic per l'interrogatorio all'ex dittatore detenuto ora a L'Aja. I magistrati di Belgrado potranno anche avere tutti i documenti in possesso del Tribunale penale internazionale. Va avanti anche l'inchiesta parlamentare. Forse già domani potrebbero partire le documentazioni nelle quali sarebbero contenuti i riscontri alle dichiarazioni di Igor Marini, , il faccendiere che accusa i leader dell'Ulivo di aver preso tangenti nell'affare. Le carte dovrebbero partire comunque entro questa settimana. Una volta esaminate, la commissione parlamentare d'inchiesta potrebbe decidere di ascoltare Prodi, Fassino, Dini e Mastella, che ne hanno fatto esplicita richiesta. Lo fa capire lo stesso presidente dell'organismo d'inchiesta, Enzo Trantino: «Sarà la commissione a decidere se audirli oppure no. Come abbiamo fatto con ogni altro soggetto audito davanti a questo organismo parlamentare». Da un'iniziativa giudiziaria all'altra. Contro Fassino, Berlusconi è deciso ad «andare fino in fondo» anche per «difendere l'istituzione di Palazzo Chigi». I legali del premier in settimana presenteranno una querela penale per il reato di diffamazione aggravata ed in sede civile una richiesta di risarcimento danni per una cifra definita da record ma non ancora quantificata. Il denaro sarà devoluto in beneficenza se Fassino dovesse essere condannato per aver affermato che si trova a palazzo Chigi il «burattinaio di Igor Marini». Ma nella giornata di ieri sono continuate a piovere dichiarazioni di esponenti della Cdl, chiedendo a Fassino di dire quello che sa sull'affare Telekom-Serbia. Un clamoroso caso di sperpero, lo ha definito il ministro Maurizio Gasparri. Fassino ha fornito la sua versione dei fatti. Ha ricordato che era stata degli Usa e della Ue «la scelta di favorire l'evoluzione democratica dei Balcani, Serbia compresa». Le aziende, quindi, «furono sollecitate a investire». E lo fecero, ha ricordato, imprese tedesche, americane, italiane, francesi e inglesi, «ma nessuno si è mai sognato di nominare una commissione d'inchiesta». Spiegazioni che non hanno ovviamente convinto gli esponenti del Centrodestra. Per il portavoce di Forza Italia Sandro Bondi, dovrebbe chiarire perché mai quando era sottosegretario agli esteri ignorò le «ripetute segnalazioni» dell'ambasciatore Bascone «contrarie alla conclusione dell'affare». Ironico il commento del ministro della Giustizia Roberto Castelli: se Fassino «non sapeva nulla, forse era meglio che andasse alle feste dell'Unità piuttosto che cercare di governarci». Il capogruppo dei senatori di Forza Italia Renato Schifani ha offerto un «salvagente politico» a Fassino e Dini: «Con uno scatto d'orgoglio ammettano di aver effettuato un'operazione sciagurata, definendola magari soltanto sbagliata».