Pezzotta (Cisl): ma la previdenza pubblica non si tocca
Confindustria ancora insoddisfatta. Dopo la proposta del ministro del Welfare, Roberto Maroni, di utilizzare formule di incentivi per innalzare l'età pensionabile che potrebbero gonfiare anche del 30% le buste paga dei lavoratori che intendono rimanere in attività, si riaccende il dibattito sulla riforma previdenziale. Un primo, pesante, segnale di disponibilità, Maroni lo ha incassato dai segretari generali di Cisl e Uil, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti. «Se lo strumento è quello di salvaguardare i diritti acquisiti, di mantenere la volontarietà e incentivare la permanenza - afferma infatti il leader della Cisl - mi sembra che sia un strada che si può perseguire. La linea di dare degli incentivi con la salvaguardia dei diritti acquisiti è una linea che si può perseguire. Poi se è il 30% o il 35% possiamo discutere». Mentre Angeletti definisce la proposta del ministro una «scelta intelligente, moderna e liberale». Più critica la Cgil. «Gli incentivi, per essere usufruiti, devono essere vantaggiosi - commenta infatti il segretario confederale Morena Piccinini - e in questo senso non ci sembra sufficiente parlare di un aumento della retribuzione per il periodo di prolungamento del lavoro: riteniamo che quel prolungamento debba anche servire ai fini pensionistici». La strada degli incentivi indicata da Maroni è invece «percorribile» per la Cisal e per l'Ugl, che però chiede che «il Governo termini le vacanze e spieghi al Paese cosa vuole fare davvero sulla previdenza». Non fanno salti di gioia le imprese. Il vice presidente di Confindustria, Guidalberto Guidi, afferma infatti che, per risolvere il problema pensionistico «gli incentivi non sono sufficienti» e che, se si vuole ridurre la pressione fiscale e il costo del lavoro, si deve incidere sulla spesa corrente e quindi sulle voci che la compongono: sanità, pubblico impiego, pensioni. La Confindustria ha ribadito inoltre la disponibilità allo smobilizzo del Tfr maturando per i fondi pensione (così come previsto dalla delega previdenziale all'esame del Parlamento) purché vada in porto anche la parte della delega sulla decontribuzione per i neo assunti. L'apertura dei sindacati sugli incentivi diventa però netta chiusura sulla possibile revisione del calcolo pensionistico dei dipendenti pubblici, che oggi avviene sulla base dell'ultimo mese di retribuzione, mentre quello dei privati si basa sugli ultimi 5 anni. Un privilegio a cui, secondo Maroni, è necessario mettere mano. «Se vogliamo intervenire sui privilegi - dice in proposito Pezzotta - prima di arrivare al pubblico impiego ci sono altri privilegi da toccare. Se c'è da entrare nel tema dei privilegi, ce ne sono tanti prima di quelli piccolissimi e in esaurimento che possono esservi per il pubblico impiego».