Il governo giovedì decide sullo Statuto della Calabria

Nel prossimo Cdm infatti, verrà deciso se il governo, come qualcuno ha ventilato nei giorni scorsi, impugnerà davanti alla Consulta le decisioni della Calabria. La questione riguarda l'elezione diretta del presidente della Giunta: la carta calabrese prevede l'indicazione sulla scheda elettorale del capo dell'esecutivo e del vicepresidente, ma è il consiglio che li nomina. Inoltre, viene stabilito che qualora il presidente dovesse dimettersi per motivi non politici ma per incompatibilità, impedimento permanente o addirittura morte, verrebbe sostituito dal vicepresidente, istituendo così una sorta di ticket che, secondo molti rischierebbe di invalidare la scelta dei cittadini. Il sistema è stato introdotto nello statuto calabrese per garantire stabilità ed evitare che venga sciolto il Consiglio. Un limite al presidenzialismo, recepito da più parti, non ha mancato di suscitare una reazione scritta da parte dei «governatori» del centrodestra (Enzo Ghigo presidente del Piemonte, Roberto Formigoni della Lombardia, Francesco Storace del Lazio, Giancarlo Galan del Veneto e Sandro Biasotti della Liguria) che si sono raccomandati ai quattro «saggi» della Cdl, prima del loro incontro a Lorenzago di Cadore, di «guardare avanti senza fare pericolosi passi indietro», con esplicito riferimento a tenere come «primo punto fermo l'elezione diretta del presidente della Regione», secondo quanto hanno scritto i presidenti, «l'unico strumento in grado di garantire governabilità e stabilità». Ma a parte la presa di posizione univoca dei cinque presidenti del centrodestra in merito allo statuto calabrese, alcuni di loro singolarmente ed altri hanno espresso posizioni diverse. Il presidente del Piemonte Ghigo ha detto: «Lo Statuto calabrese non mi piace perché ha un retrogusto di vecchie logiche partitiche lontano dal bipolarismo. E poi stravolge il dettato costituzionale: spero che il governo intervenga e lo impugni di fronte alla Consulta». Anche per Storace (Lazio) lo Statuto della Calabria «è un passo indietro rispetto all'elezione diretta» e identiche parole adopera Vasco Errani (Emilia-Romagna).