Bossi rinuncia al federalismo fiscale. Porta alla secessione
Tempo un anno, gli ha assicurato Berlusconi, «questa roba è approvata, poi va messa a regime, e per il 2005-2006 dovrebbe essere una realtà concreta». Il leader della Lega lo ha annunciato con soddisfazione a Lorenzago di Cadore dove oggi si concluderà il seminario dei quattro cosiddetti «saggi» incaricati dalla Casa delle Libertà di scrivere il progetto delle riforme istituzionali da presentare al Parlamento. Bossi non partecipa ai lavori. «Sono qui come notaio oculare. Io non sono un saggio, - scherza con i giornalisti - mia moglie lo dice sempre». Il federalismo fiscale è così finito nel cassetto e Bossi agita ora come una bandiera il «federalismo costituzionale». E spiega che cos'è. «Adesso la gestione dello Stato è fallimentare e allora la diamo alle Regioni: il federalismo costituzionale». In altre parole, continua Bossi, poichè «il nord paga con le pensioni e con tutto», bisogna almeno dargli come contropartita il federalismo costituzionale». Ed in questo modo «cambiamo la gestione», che passa alle Regioni. La rinuncia di Bossi al federalismo fiscale è stata commentata positivamente dagli alleati. «È la manifestazione - ha detto Domenico Nania di An - di un alto tasso di tenuta istituzionale. È un altro Bossi. Sarà ridiventato nuovamente federalista». I «saggi» intanto hanno terminato il loro lavoro. Lo ha annunciato il leghista Roberto Calderoli, soddisfatto perchè «è stata trovata la squadra su tutto» e «complessivamente il cerchio si sta chiudendo». È stato trovato un accordo sulla questione della Corte Costituzionale, sui poteri del premier e del Capo dello Stato. Sono state previste anche norme antiribaltone. Per quanto riguarda i poteri del Capo dello Stato, è stata individuata una soluzione diversificando l'ipotesi in cui viene a mancare il rapporto fiduciario tra premier e maggioranza. In questo caso si è pensato ai poteri di scioglimento e all'indizione automatica di nuove elezioni da parte del Capo dello Stato. Nelle altre ipotesi di dimissioni del premier, senza rottura del rapporto fiduciario, i poteri del Presidente della Repubblica restano sostanzialmente invariati. Per la riforma della Corte Costituzionale Francesco D'Onofrio dell'Udc ha smentito che dovrebbero essere le regioni ad eleggere alcuni giudici costituzionali. Niente di tutto questo, ha affermato, è solo prevista «l'immissione di una componente federale» nella Corte Costituzionale che resta così un «organo nazionale di garanzia costituzionale». La Casa delle Libertà continua a rivolgere all'Ulivo degli inviti al dialogo sulle riforme. Ma inutilmente.