di FABRIZIO DELL'OREFICE IL DECRETO c'è, ma nessuno (o quasi) lo vede.
Prima bisogna cercare l'accordo nella maggioranza. Silvio Berlusconi lo sa bene e proprio per questo ha tenuto contatti stretti, strettissimi con gli alleati. Una volta superato lo scoglio maggiore, Alleanza nazionale, il presidente del Consiglio può tornare tranquillamente da Porto Rotondo a Roma per presiedere la riunione del consiglio dei ministri che varerà il decreto salva-calcio (se non ci saranno complicazioni dell'ultimo momento che, visto quanto accaduto nelle ultime settimane, non si possono escludere). Prima però politica e sport torneranno a sedere attorno allo stesso tavolo, quello del ministero dei Beni Culturali. Il sottosegretario dei dicastero di via del Collegio Romano avrà un incontro con il ministro Giuliano Urbani, Franco Carraro e Gianni Petrucci (presidenti di Federcalcio e Coni) e il numero uno della Lega, Adriano Galliani. A loro relazionerà sulla mediazione politica raggiunta. Che lascia Carraro al suo posto (nonostante la sua testa sia stata chiesta direttamente da Gianfranco Fini), ma porta a 21 le squadre che parteciperanno al prossimo campionato di serie B. Il coordinatore di An etneo-milanese Ignazio La Russa sottolinea: «È una soluzione condivisa da Palazzo Chigi. Ho avuto rassicurazioni dal presidente Berlusconi che il decreto sarebbe accompagnato dalla decisione di non penalizzare il Catania, né il Napoli né il Venezia». Il decreto non è stato inserito all'ordine del giorno del consiglio dei ministri, ma sarà portato «fuori sacco», ovvero nei provvedimenti giunti a Palazzo Chigi solo all'ultimo momento. È di due articoli (e non cinque, come inizialmente si era detto). E affida straordinari poteri al Coni (articolo 1) che entro due mesi deve individuare «criteri generali di riordino dei procedimenti di giustizia sportiva», secondo tre principi fondamentali». Primo, «obbligo degli affiliati e tesserati, per la risoluzione delle controversie attinenti allo svolgimento dell'attività sportiva, di rivolgersi agli organi di giustizia sportiva federale». Secondo, «previsione che i procedimenti in materia di giustizia sportiva rispettino i principi del contraddittorio tra le parti, del diritto di difesa, della terzietà e imparzialità degli organi giudicanti, della ragionevole durata, della motivazione e dell'impugnabilità delle decisioni». Terzo, «razionalizzazione dei rapporti tra i procedimenti di giustizia sportiva di competenza del Coni con quelli delle federazioni sportive nazionali». La delibera preparata dal Coni dovrà poi tornare al ministero per l'ok definitivo. Il secondo articolo è quello che mette fuori gioco i Tar, i tribunali amministrativi regionali, ma solo per quanto riguarda i risultati sportivi. Non per il resto. Ecco come. «Le decisioni di ultima istanza degli organi di giustizia sportiva concernenti diritti indisponibili o interessi legittimi sono soggette giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per motivi riguardanti le regolarità del procedimento. È escluso il sindacato su controversie di carattere strettamente tecnico-sportivo». Viene poi deciso che tutto si sposta a Roma: «La competenza di primo grado spetta in via esclusiva, anche per l'adozione di misure cautelari, al Tar del Lazio». In questo modo si salvano Roma e Napoli, anche perché è espressamente specificato che «perdono efficacia» i procedimenti in corso e le misure cautelari. Quindi saltano tutte le disposizioni prese a favore del Catania. Anche se agli etnei resta comunque la possibilità di rivolgersi al Tar del Lazio «per chiedere conferma» delle sentenze fin qui espresse in altri tribunali. L'accordo nella maggioranza prevede che Carraro resti al suo posto ma è necessaria una dichiarazione della Figc che accetta la serie B a 21 squadre. Il punto è sui tempi. Il presidente vorrebbe diramare un comunicato domani, dopo il consiglio federale. Ma gli uomini di Fini, che hanno digerito a fatica la sua permanenza al vertice del calcio italiano, insistono perché si esprima prima (Berlusconi è d'accordo). Già stamattina, altrimenti