Pensioni, quelle pubbliche sempre nel mirino
Obiettivo è quello di studiare le possibili strade per arrivare a rendere più omogenei i sistemi di calcolo delle pensioni tra i due settori. Il tutto tra lo scetticismo dei sindacati e la perplessità di alcuni settori della stessa maggioranza come Alleanza nazionale che ha negli statali un prezioso serbatoio elettorale. In particolare per la Cisl ci sarebbe poco da uniformare visto che dall'anno prossimo anche gli statali dovranno andare in pensione con almeno 35 anni di anzianità e 60 di età. Per cui, come annunciato dal leader della Cisl Savino Pezzotta «non vedo quali interventi si vogliono studiare». Secondo il leader della Uil, Angeletti, il gran parlare del governo di riforme strutturali e soltanto un depistaggio per far dimenticare i problemi reali. I tecnici del governo si sono comunque messi al lavoro e nei giorni scorsi hanno presentato una bozza con una serie di ipotesi che toccherà ai ministri vagliare alla ripresa di settembre per valutare se ci sono le condizioni politiche per applicarle. Il lavoro degli esperti è stato finalizzato a studiare i rendimenti su cui calcolare la pensione. Per cui tra le ipotesi presentate c'è quella di far passare già dal prossimo anno e non dal 2008 da 6,5 a 10 anni la media delle retribuzioni dal '92 a oggi su cui calcolare la pensione. Una soluzione non particolarmente cruenta che però darebbe incassi modesti, oscillanti tra i 2,8 milioni di euro del 2004 fino agli 8,7 del 2007. Maggiori introiti si potrebbero raggiungere innalzando a cinque anni anche la media delle retribuzioni su cui calcolare le pensioni relative al periodo precedente il 1992, che come noto rappresenta lo spartiacque fissato dalla riforma Dini tra nuovi e vecchi pensionati. In questo caso i risparmi per le casse degli Istituti salirebbero di quasi dieci volte, ma da parte dei sindacati l'indisponibilità è assoluta. Per la Cgil i tagli sulle pensioni di chi lacia il lavoro dopo 40 anni di contributi potrebbero oscillare intorno ai 250 euro lordi al mese. Allo studio anche un'armonizzazione totale fra il regime Inpdap e il Fondo lavoratori dipendenti e la realizzazione di un'unica quota pensionabile per pubblici e privati. Ipotesi che per ora restano sulla carta, in attesa di verificarne la realizzabilità politica che resta al momento assai bassa. Più probabile quindi, come preannunciato dal ministro del Welfare Roberto Maroni, che alla fine ci si orienti su soluzioni meno dolorose, ma anche relativamente poco producenti dal punto di vista dei risparmi, come contributi di solidarietà sulle pensioni più alte, o maggior severità su pensioni di invalidità o su altri trattamenti speciali.