Le Riforme scaldano la Casa delle libertà
«O si fanno o ripartirà il processo per l'Indipendenza della Padania», dice Umberto Bossi, che torna a parlare della necessità per il governo di fare le riforme nella prossima stagione politica e attacca chi «sogna il ritorno del buon tempo andato». Rompendo un lungo periodo di silenzio, Bossi parla e spiega che «il Nord non permetterà mai il ritorno della prima Repubblica. Chi ha distrutto il paese con l'assistenzialismo e il debito pubblico non potrà trovare spazio nel cuore della gente». Il numero uno della Lega spera quindi «che prevalga la filosofia del fare le riforme, per concludere quel passaggio che, dal fallimento della Prima Repubblica, porti ad futuro più sicuro». Arriva subito il coretto del Carroccio: «O il federalismo o niente» dice Francesco Speroni, capo di gabinetto di Bossi al ministero per le riforme. Che Speroni: «Premierato, riforma del bicameralismo e della Corte Costituzionale? Senza il federalismo tutto il resto non ci interessa». «O si va verso un federalismo vero oppure la Lega può benissimo tornare da dove è venuta», insiste Roberto Calderoli, coordinatore della Lega e uno dei quattro «saggi» della Cdl (assieme a Nania di An, D'Onofrio dell'Udc, Pastore di Forza Italia) che si riuiniranno sulle Dolomiti per preparare la bozza da portare in Parlamento. «Io non voglio creare polemiche nella Cdl - prosegue Calderoli - in un momento in cui la situazione è tranquilla. Però posso dire che siamo pronti a dare battaglia, visto che per la Lega questa è una condizione abbastanza naturale». Ironizza l'Udc: «È singolare che Bossi invochi le riforme essendo lui il ministro delle Riforme. Dia contenuti e tempi certi», replica il deputato Gianfranco Rotondi. Aggiunge il senatore Francesco D'Onofrio: «Il federalismo che l'Udc ha in mente è un federalismo solidale e dò per scontato che lo stesso spirito di solidarietà sia presente nell'idea di devolution che ha la Lega». Clemente Mastella, leader dell'Udeur, invoca le maniere forti: «In un paese serio chi ricatta il Parlamento, tentando di dettare le condizioni "prendere o lasciare" per cercare di mettere sotto scacco le istituzioni, merita una sola cosa: essere preso a calci nel culo...». Ma c'è un altro aspetto che sta scaldando la Cdl. Lo spiega Carmelo Briguglio, vicecapogruppo di An alla Camera: «A settembre An dovrà porre agli alleati in modo determinato il problema del presidenzialismo» perché «negli statuti regionali si rischia una deriva assembleare che porta la cultura politica e istituzionale del nostro Paese indietro di dieci anni». E aggiunge: «Anche la linea presidenzialista che An ha rigidamente mantenuto come direttiva dal centro ai propri gruppi regionali, rischia di essere travolta dalla necessità di non rompere localmente con gli alleati. Anche tra i nostri qualcuno ha fatto orecchie da mercante, nonostante precisi e ripetuti richiami alla coerenza: è il caso della Calabria, dove la bocciatura costituzionale del nuovo statuto sarebbe auspicabile». Riceve la «benedizione» di Francesco Storace, presidente della Regioen Lazio: «Briguglio ha non una, ma mille ragioni. L'elezione diretta dei Presidenti delle Regioni deve rappresentare per il centrodestra e soprattutto per la destra un punto di non ritorno. Ammainare questa bandiera, tramutata in diritto democratico e popolare - aggiunge - significa tornare indietro di decenni». Storace firma poi un appello con altri quattro governatori (Ghigo, Formigoni, Biasottti e Galan) con il quale si chiede di «guardare avanti, senza fare pericolosi passi indietro». Nell'augurare buon lavoro ai quattro saggi della Cdl, i Presidenti si dicono pronti e interessati a confrontarsi con loro e a portare il contributo della loro esperienza. «Il primo punto fermo - chiariscono i cinque governatori - è l'elezione diretta del Presidente della Regione che garantisce un collegamento tra chi è chiamato a "rappresentare" la Regione e i cittadini ed è l'unico strumento in grado di garantire governa