PER la quinta volta in quattro anni Mauro Pili (Forza Italia), 37 anni e quasi 152.
Impresa non facile: dalla sua parte, infatti, ha soltanto i consensi di Forza Italia e Alleanza Nazionale, mentre pare ormai insanabile la spaccatura con i centristi (Udc, Udr, Pps e Riformatori) e i tre ex di An fondatori de «Il Movimento». Nonostante gli incontri e i tentativi di trovare un accordo, da quando si è aperta la crisi nessuno ha fatto un passo indietro, sbarrando di fatto la strada a qualunque possibilità di risolverla in breve tempo: Fi e An si sono arroccati su quello che avevano detto sin dall'inizio, «o Pili o le elezioni anticipate»; i centristi non hanno invece più votato Pili, accarezzando l'idea, poi non concretizzata, di poter proporre un loro candidato. Il centrosinistra, spiazzato da questa situazione, è rimasto fino all'ultimo alla finestra. Si trattava di scegliere diverse opzioni: non ritirare la scheda, e dunque non votare per il nuovo presidente, come già era stato fatto la volta precedente; sostenere un eventuale candidato di centro per garantire un minimo di governabilità; uscire allo scoperto con un proprio «uomo», ipotesi tramontata soprattutto per il timore di fare un passo falso e compromettere così anche le prossime elezioni. Uno scenario estremamente complicato, che ieri ha portato in Aula a un vero e proprio record: Pili ha ottenuto appena 22 voti (78 presenti su 80 consiglieri, 53 astenuti, 25 votanti, una scheda bianca). In pratica, a Pili sono andati i voti di Fi e An: non ha votato il suo assessore alla Pubblica istruzione, Beniamino Scarpa, ex Udr e ora di non precisata collocazione politica, mentre la scheda bianca dovrebbe essere quella di Antonello Liori di An. Gli altri due voti, infine, sono quelli che il Psd'Az, dissociandosi dal centrosinistra e dal Prc che non hanno ritirato la scheda, ha fatto confluire sul proprio candidato, Pasqualino Manca. Nella scorsa votazione, il 22 luglio, Pili aveva ottenuto 38 voti (quelli di Fi e An più i centristi, tranne l'Udr): non essendo riuscito a formare un nuovo esecutivo, aveva rassegnato le dimissioni il 4 agosto.