di FABRIZIO DELL'OREFICE LA LEGA torna ad alzare i toni.
A innescare lo scontro ci pensa il leghista Roberto Calderoli raccomandando al presidente del Consiglio di «cacciare i mercanti dal tempio» per realizzare le riforme previste dal programma elettorale. Arriva la replica di Francesco D'Onofrio (Udc): «Quello da cacciare, e a calci, è Alessandro Cè», il capogruppo del Carroccio alla Camera protagonista della battaglia a Montecitorio sull'indultino. «Se Berlusconi avrà il coraggio di "scacciare i mercanti dal tempio" - dice il braccio destro di Bossi - questo Governo arriverà a fine legislatura, realizzando il cambiamento del Paese». Per Calderoli non si tratta di «mettere in riga i partiti della coalizione»: basta che prenda «a calci nel sedere quei tre o quattro singoli che, svolgendo il ruolo di guastatori all'interno della maggioranza, pensano a governi di unità nazionale o aspirano a cariche incompatibili per chi, come loro o i loro parenti, pensano solo alla cassa». E aggiunge: il Senato è la Camera della maggioranza, «Montecitorio esprime la Camera, non dico delle opposizioni, ma sicuramente quella che ricorda molto il cognome del suo presidente (Casini, ndr)». «Se dovesse prevalere la logica dei mercanti di tabacchi - conclude Calderoli -, si andrà al voto con la certezza di dare il Paese nella mani di chi, dopo i pochi giorni necessari per fare luce completamente sulla vicenda Telekom Serbia, dovrebbe essere nelle patrie galere». Ma Francesco D'Onofrio non ci sta: «Credo si riferisca sicuramente al suo amico Capogruppo del Carroccio alla Camera Alessandro Cè...». E, quanto alle riforme istituzionali, D'Onofrio rilancia: se vuole ci possiamo incontrare e discuterne anche ad agosto. Ma anche An non ci sta: «L'attacco di Calderoli è un fatto non solo inusuale ma testimonia che la Lega, dopo che è stato disinnescato lo scontro politico, passa allo scontro istituzionale», dice Publio Fiori. «Con lo stile che le è consueto - osserva ancora Fiori - lo fa sferrando attacchi personali, che dimostrano con chiarezza qual è il suo obiettivo. Una forza politica che dice di voler rilanciare il ruolo della maggioranza non si abbandona ad attacchi del genere contro il lavoro svolto dalla stessa maggioranza e addirittura contro la Presidenza della Camera». «Il Parlamento - ribadisce - non è una caserma e vanno rispettate non solo la dialettica nella maggioranza, ma anche le opinioni espresse dalle opposizioni». Ma lo scontro è anche sul ddl Gasparri sul riordino dell'emittenza radiotelevisiva. Il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio Bruno Tabacci (Udc) parla della necessità, in questa materia, di «stabilire regole condivise con l'opposizione», ribadisce la necessità di «mettersi intorno a un tavolo a discutere» sul ddl Gasparri, riguardo al quale, aggiunge, «bisogna ancora lavorare» per un consenso che sia il massimo possibile anche in ragione del messaggio del Capo dello Stato sul pluralismo nell'informazione. Poi, l'esponente dell'Udc annuncia che alla Camera il suo partito è deciso a riproporre a Montecitorio sul ddl Gasparri una serie di emendamenti ritirati a Palazzo Madama. Tutta l'opposizione batte le mani. Per An, invece, Alessio Butti chiede «perché l'Udc non ha parlato di perplessità in sede di discussione alla Camera avanzando le sue proposte». E ammonisce: se salta la legge, «la prima grande azienda che subirà nocumento è la Rai».