«La Procura di Roma non mi ha dato retta»
Ai pm Marcello Maddalena e Bruno Tinti, che lo ascoltarono a Berna per rogatoria, il procacciatore d'affari raccontò che, quando venne interrogato dal pubblico ministero romano Bice Barborini, che indagava su un'operazione finanziaria legata a una garanzia emessa da una banca indonesiana, tentò di fare il nome di Lamberto Dini, ma venne subito bloccato: «Io ho detto: "Guardi signora che c'è di mezzo ... uno l'ho identificato, un ministro". La signora m'ha risposto "Marini, ci vuol fare ammazzare? Queste sono cose che si tiene per lei». Marini ha detto che sia la dottoressa Barborini che i carabinieri, e in particolare il maresciallo Quaresima, non vollero approfondire il discorso: «Al nome del ministro degli esteri Lamberto Dini - ha riferito ai pm torinesi - sono stato immediatamente bloccato da qualsiasi dichiarazione io avessi voluto fare (...) Ho accennato alla Telekom Serbia e sono stato bloccato. Interessava di più l'acquisto di armi da parte dei serbi. Questo interessava alla dottoressa Barborini». Pm Tinti: «Quindi ha detto Tel?» Marini: «Il ministro degli esteri per la transazione Tel ... "Marini, ci vuol fare uccidere? Questo se lo tenga per lei", è stata la risposta testuale della Barborini». Tuttavia, il gip Gianfrotta - che più volte si dice scettico, nella sua ordinanza, sulla credibilità di Marini - afferma che «le indagini svolte hanno consentito di fugare qualsiasi dubbio sul punto». «Le uniche dichiarazioni che il Marini ebbe a effettuare a questo pm - recita una relazione inviata a Torino dalla dottoressa Barborini - sono quelle di cui al verbale in atti». Anche il maresciallo Quaresima, ascoltato il 20 maggio, escluse «in maniera categorica che il Marini» avesse «mai parlato con me della vicenda Telekom Serbia o del ministro Dini». L' inchiesta per la quale Marini è stato arrestato dal gip Gianfrotta ruota attorno a tre vicende legate alla negoziazione di una garanzia bancaria (falsa) della Bank Negara Indonesia Persero, una garanzia ipotecaria (falsa) proveniente dall' Apostolic Order Remnant House of Israel, un safe keeping del valore di 32 milioni di dollari rilasciato da una banca cinese e relativo a un rubino da 320 carati. Marini, a differenza degli altri personaggi indagati, le spiega «nell' ambito di una complessa attività volta a far rientrare in Italia somme di denaro, in precedenza pagate da Telecom Italia a Telekom Serbia (...) destinate ad esponenti politici quale prezzo della loro corruzione». Ma il procacciatore d' affari viene dipinto dal gip come «tendente alla doppiezza» e a rilasciare dichiarazioni «ispirate dall' obiettivo di trovare un salvacondotto a buon mercato, meglio ancora se con una copertura istituzionale».