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I sindacati: cassa integrazione per la Rai L'azienda smentisce e il ministro anche

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A lanciare l'allarme sono Cgil-Cisl-Uil e Usigrai, che proprio in queste ore stanno protestando davanti alle sedi di tutta Italia dell'azienda pubblica. I sindacati partono dal testo dell'ordine del giorno che il 17 luglio il governo ha accolto al Senato, durante la discussione e la votazione degli articoli del disegno di legge Gasparri riguardanti la Rai. Il governo viene impegnato a garantire «adeguati ammortizzatori sociali»: questo vuol dire «cassa integrazione ed altro» affermano i sindacati in un volantino, per rispondere alle conseguenze che il calo della raccolta pubblicitaria potrebbe avere sui livelli di occupazione, e in vista della cessione di rami di azienda che la Gasparri renderà possibile dal gennaio 2006». Cgil-Cisl-Uil e Usigrai giudicano «pericolosissimo il segnale che viene inviato ai dipendenti Rai». Attraverso questo ordine del giorno, infatti, «si lascia intendere che i posti di lavoro possono essere a rischio. Nei mesi scorsi le organizzazioni sindacali della comunicazione avevano chiesto che la possibile applicazione degli ammortizzatori sociali fosse riconosciuta al settore dell'emittenza privata». Nei progetti - lamentano i sindacati - c'è una Rai più povera, con meno dipendenti, meno competitiva. Ma a questo disegno il direttore generale sta rispondendo con un impressionante silenzio. Poco dopo in un comunicato la Rai ha precisato che «è assolutamente priva di fondamento l'affermazione dei sindacati. «Non solo non c'è alcuna ipotesi di questo tipo, ma non ci sono neanche le condizioni economico-finanziarie per ricorrere a questi interventi che sono riservati alle aziende in crisi», sottolinea la nota di Viale Mazzini. Anche il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, i un comunicato ha rassicurato: «Nessun pericolo per l'occupazione dei dipendenti Rai. I sit-in di protesta fanno parte di una polemica pretestuosa».

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