Commissioni, slitta il rinnovo dei vertici
Tanto che palazzo Madama ha deciso di rimandare la questione a settembre e Montecitorio, sembra intenzionato a fare altrettanto. Non a caso, la lettera di convocazione delle elezioni, previste per il 31 luglio, non è ancora partita. Il rinnovo è stato introdotto nel 1994 con una modifica al regolamento di Palazzo Madama che prevede una nuova elezione per gli uffici di presidenza delle commissioni permanenti a due anni dall'inizio della legislatura. Il rinvio è stato spiegato con «motivi tecnici»: l'esame del Dpef e la necessità di approvare sette decreti legge prima della pausa estiva renderebbero impossibile sacrificare anche una sola seduta di Palazzo Madama. Ma non crede alla spiegazione ufficiale il capogruppo Ds alla Camera Luciano Violante, che commenta: «vedrete che non se ne farà niente, gli equilibri interni della maggioranza richiedono tempo, ci occuperemo del problema a settembre». In ogni caso appaiono scontate molte riconferme, come quella di Donato Bruno alla commissione Affari costituzionali, di Ferdinando Adornato alla commissione Cultura, Pietro Armani alla Ambiente, Paolo Romani alla Trasporti, Giuseppe Palumbo agli Affari sociali, Giacomo Stucchi alle Politiche comunitarie. Potrebbe risentire della contesa Castelli-Vietti, invece, la commissione Giustizia, attualmente guidata da Gaetano Pecorella. All'avvocato del premier, infatti, potrebbe essere chiesto un sacrificio nel caso delle dimissioni di Vietti da sottosegretario. Contestato dalla Lega è Gustavo Selva, a capo della commissione Esteri. L'esponente di An, come il collega Luigi Ramponi, presidente della commissione Difesa, non sembra contare nemmeno sull'appoggio strenuo del suo stesso partito che, alle prese con i delicati equilibri interni, potrebbe valutare l'ipotesi di offrire quelle presidenze ad esponenti di via della Scrofa più organici. Molto ambita, poi, la presidenza della commissione Finanze, ora affidata a Giorgio La Malfa. Tuttavia, il leader repubblicano non ha alcuna intenzione di lasciare. Se non per un ministero di peso. Bruno Tabacci, presidente della Attività produttive, si è trovato nei mesi scorsi ad affrontare le critiche dalla Lega. Ha fatto «molto bene», secondo il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, Giacomo De Ghislanzoni Cardoli a capo della commissione Agricoltura. Un elogio pubblico che, insieme alla perfetta sintonia con Giulio Tremonti, vale una certezza di riconferma.