Guerra dell'acqua fra Abruzzo e Puglia
e in Abruzzo, dove l'acqua ancora c'è, fanno quadrato intorno a questa ricchezza e si mobilitano contro l'ipotesi di darla alla Puglia. Nella regione è in corso una vera e propria mobilitazione sia a livello di enti locali interessati (Comuni, province dove scorrono i corsi d'acqua), sia di partiti, associazioni, cittadini: tutti contrari. L'ipotesi di dare parte dell'acqua dei tre grandi fiumi della regione, il Pescara, il Sangro e il Vomano, ventilata in consiglio regionale alcune settimane fa, a seguito della proposta di alcune società operanti in Puglia, ha provocato una vera e propria levata di scudi generalizzata. E ora le notizie della siccità che non cessa e delle difficoltà che in buona parte d'Italia si stanno verificando, anche con gravi danni all'agricoltura, inducono tutti a stringere i freni. L'opinione pubblica è fortemente contraria. All'Aquila, capoluogo della regione, mertedì avrà luogo una manifestazione alla quale prenderanno parte i sindaci dei Comuni interessati che, con fascia tricolore, diranno la loro in concomitanza con lo svolgimento di una Conferenza dei Servizi indetta, sempre nel capoluogo, dal ministero dell'Ambiente. Ieri, alla mobilitazione in corso, si è aggiunto l'intervento degli «Ato» (Ambiti territoriali ottimali) di Teramo e Pescara, decisi ad impugnare un eventuale provvedimento di trasferimento delle risorse idriche abruzzesi alla Puglia. «Gli Ato abruzzesi - ha dichiarato Sacco, presidente dell'Ato teramano - giudicano il progetto di trasferire una parte delle risorse idriche alla Puglia un'iniziativa del tutto fuori luogo, alla luce soprattutto delle recenti diminuzioni della portata dei fiumi abruzzesi, le cui sorgenti sono state in parte compromesse dalle captazioni, e dello stato degli acquedotti, che a causa della loro obsolescenza perdono il 50% di acqua». Secondo Sacco, «nei piani d'ambito, che gli Ato hanno approvato, è stato affrontato proprio il problema della perdita d'acqua causata dalle reti acquedottistiche non adeguate, perché sono stati previsti nei prossimi venti anni interventi specifici per le ristrutturazioni delle reti». Non è quindi accettabile, conclude, «cedere l'acqua abruzzese alla Puglia - conclude - senza aver realizzato uno studio fattuale sulla portata del Pescara, del Sangro e del Vomano, e senza avere coinvolto le comunità locali». Le osservazioni fatte dagli Ato si sposano con quelle della associazioni ambientaliste, che nei giorni scorsi hanno rilevato che, per lo meno per quanto riguarda il pescara, prelievi di acqua avrebbero effetti micidiali. Il fiume infatti nel suo tratto più consistente, a pochi chilometri dalla foce, ha una portata di 24 metri cubi al secondo. In base a un progetto già previsto di potabilizzazione se ne toglierebbero 4 e si passerebbe a 20. Poi c'è la richiesta di un Consorzio di bonifica ci captare 3 metri cubi al secondo, indispensabili per le coltivazioni, e si scenderebbe a 17 litri al secondo. Secondo quanto si vocifera in questi giorni, l'acqua da dare alla Puglia potrebbe essere nella misura di 9 metri cubi al secondo. Se questo fosse vero, si andrebbe a finire, nel tratto finale del fiume, con una portata di nemmeno dieci metri cubi. In pratica il Pescara finirebbe per ridursi a poco più di un fiumiciattolo il cui destino sarebbe quello di rimanere in permanenza super-inquinato.