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Revocata l'ordinanza pro-Santoro

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Ne ha deto notizia ieri la stessa Rai, precisando che nella decisione di ieri, che revoca in parte l'ordinanza del giudice Pagliarini, si afferma che il giudice del lavoro «non può individuare in maniera specifica la posizione organizzativa da attribuire al lavoratore, né dettare gli ordini circa l'assegnazione di un determinato programma, trattandosi di determinazioni che influiscono sul concreto assetto dell'Azienda, né può ordinare l'assegnazione di una dotazione di mezzi o di personale, trattandosi parimenti di decisioni relative alla gestione dell'impresa». Resta salva invece la parte dell'ordinanza relativa all'obbligo generico di far tornare al lavoro Santoro. L'ordinanza della Seconda sessione controversie di lavoro del Tribunale di Roma ha revocato il provvedimento del tribunale di Roma del 3 giugno scorso su questi punti: che il programma debba essere collocato in prima o seconda serata; che debba avere la durata complessiva dei programmi realizzati in precedenza da Santoro e cioè dai 90 e i 150 minuti per puntata settimanale per non meno di otto mesi; che la dotazione di risorse, umane, materiale e tecnica debba essere equivalente ai programmi precedenti. L'ordinanza conferma invece tutti gli altri punti e vale a dire: la realizzazione di un approfondimento giornalistico sull'attualità, che il programma debba essere realizzato essenzialmente o tendenzialmente con puntate monotematiche. Alla Rai si evidenzia che i giudici con la loro ultima decisione hanno riconosciuto che vi sono campi che rientrano nell'ambito delle scelte strategiche e di gestione dell'Azienda e quindi devono restare di competenza esclusiva dell'imprenditore, non fosse altro in quanto espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dalla Costituzione. Negli ambienti della direzione generale della Rai si fa notare che l'importanza di questa decisione supera l'ambito della questione in sé, riporta correttezza nel rapporti fra i diversi ruoli e premia la linea di difesa dell'azienda. Se la Rai come azienda ha ragioni per esultare, la vicenda offre però subito anche nuovi spunti per polemiche di tipo politico. La presidente del Cda, Lucia Annunziata, in una nota, scrive: il caso Santoro è «carico di valenze simboliche, editoriali e politiche» e non può quindi essere risolto «attraverso una sequenza di sentenze giudiziarie che danno ragione una volta a una parte e una volta all'altra». «La presidenza ribadisce che la vicenda può essere chiusa solo al di fuori delle aule giudiziarie attraverso una proposta innovativa frutto della collaborazione tra il giornalista e l'azienda». Martedì comunque, per un incontro fissato precedentemente, Santoro rivedrà Alessio Gorla, assistente del direttore generale Cattaneo per il palinsesto. Critici nei confronti della decisione del tribunale, gli avvocati di Santoro, Domenico e Nicoletta D'Amati: il giornalista - ribadiscono - deve essere impiegato con le modalità previste dal suo contratto, che fa espresso riferimento ai programmi di prima serata, e con quelle in concreto sempre seguite per tre anni. Quindi affermano che le affermazioni del tribunale non sarebbero conformi «al consolidato orientamento della Cassazione». Commenti favorevoli alla sentenza arrivano da Butti (An) perché «si è espresso a chiare lettere il principio della libertà di impresa» e dallo stesso ministro Gasparri: «Un altro giudice ha detto quello che i cittadini avevano capito da soli». Solidarietà al giornalista da Cuperlo dei Ds che parla di «ricatti del presidente del Consiglio» e da Merlo della Margherita che ricorda che «le trasmissioni di Santoro per Raidue» erano delle «fabbriche di audience».

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